lunedì 28 novembre 2016

NO alla costituzione immodificabile che vorrebbe Renzi

Tra le tante perversioni legislative e masturbazioni mentali che la "riforma" costituzionale che vorrebbe Renzi propone, ve n'è una, gravissima, che lede il diritto del Popolo a modificare la costituzione stessa.
La carta del 1948 è pessima perchè scritta da un connubio di socialisti, cattolici e comunisti e la loro ideologica pervade l'intera struttura.
La carta del 1948 è rigida, perchè la procedura di modifica costituzionale, come possiamo vedere in questi giorni, è complessa e richiede un lungo tempo di gestazione.
Ma, almeno, la riforma della carta è teoricamente possibile.
Con le modifiche proposte da Renzi la carta diverrebbe sostanzialmente immodificabile.
Abbiamo infatti visto come lungi dall'essere abolito, come nelle favole raccontate dai sostenitori di Renzi, il senato resta, con proprie competenze, tra le quali, come recita il proposto articolo 70 "per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali".
Questo significa che i cento nominati (74 consiglieri regionali, 21 sindaci e 5 quirinalizi) potrebbero bloccare qualunque proposta di revisione costituzionale fosse approvata, anche a maggioranza debordante, dalla camera pur eletta dal Popolo.
Senza il voto favorevole del senato, infatti, non passerebbe alcuna modifica costituzionale, non ci sarebbe alcun referendum confermativo e la volontà del Popolo sarebbe calpestata.
E possiamo tutti immaginare come i nominati, dovendo il loro incarico e la loro stessa immunità, ad un sistema che con una revisione costituzionale verrebbe cambiato, mai e poi mai accetterebbero di "sacrificarsi", annientando il potere della casta di cui sarebbero chiamati a difendere i privilegi.
Del resto, la stessa farraginosa procedura di nomina dei senatori, slegata dal momento in cui viene eletta la camera, quindi priva di rappresentatività popolare, è indice di una volontà di bloccare sul nascere ogni rinnovamento ed ogni movimento che se ne faccia interprete.
Un senato di nominati, posti in quello scranno di privilegio, da una consorteria di politici magari sconfitti alle politiche, ma in grado, poichè non ci sono contemporanee elezioni e rinnovamento delle regioni e dei sindaci, di mantenere il controllo di una camera, bloccherebbe ogni modifica costituzionale.
Lungi dal voler snellire e sburocratizzare, la "riforma" di Renzi costruisce un regime ingessato e immodificabile, ponendovi a guardia i propri pretoriani nominati al senato.
Il NO del 4 dicembre sarà utile anche per impedire che l'Italia veda una pessima costituzione rigida trasformarsi un una pessima costituzione rigida e immodificabile.
#IoVotoNo

lunedì 21 novembre 2016

NO ai sindaci senatori



Tra i tanti motivi per rigettare con un bel NO la "riforma" di Renzi c'è il ... senato.
Sì, perchè non è vero, come cerca di far credere una propaganda fraudolenta, che "viene abolito il senato", il senato resta, ha delle specifiche funzioni (anche se sballate, visto che si torna al centralismo della prima repubblica invece di procedere verso un sistema di autonomie federaliste) e può rimandare alla camera ogni legge, previa delibera nei quindici giorni dalla pubblicazione.
Quindi non vi è alcuno snellimento, non vi è soppressione del senato e, soprattutto, il senato dovrebbe svolgere una funzione di controllo che richiederebbe tempo e impegno.
Ma, c'è un ma, la composizione del senato che si inventato Renzi (rectius : i suoi consiglieri, perchè non credo che Renzi sia in grado di elaborare alcunchè) prevede ben 21 sindaci.
Abbiamo visto nei giorni drammatici del terremoto quanto siano coinvolti i sindaci delle piccole comunità nella vita locale e abbiamo visto quanto sia stata impegnata una incolpevole Raggi nel provare (senza finora riuscirci) a sistemare le devastazioni di quaranta anni (meno cinque) di giunte cattosocialcomuniste a Roma.
Ognuno di noi può stilare una lista di desiderata che il proprio sindaco non è in grado di soddisfare, dal traffico alla pulizia e riparazione delle strade, dai trasporti al degrado notturno e non solo.
La nomina di sindaci senatori è l'esempio più calzante di come Renzi (i suoi consiglieri) intendono mettere sotto tutela al nostra democrazia, nominando un organismo espressione esclusiva della casta burocratica, che si regge esclusivamente sui favori reciproci, perchè la nomina a senatore dipende dalla benevolenza del partito di espressione e quella dipende dalla vicinanza e dalla funzionalità del soggetto nei confronti di chi comanda nel partito.
Quindi senatori proni al volere del segretario del partito di turno e totalmente avulsi dalla "pancia", dalle esigenze e dalle aspettative del Popolo.
Con un meraviglioso premio per tradire la volontà popolare: l'immunità concessa ai sindaci-senatori.
Perchè mai non dovremmo votare NO ed impedire un simile regalo alla casta ?
#IoVotoNo

lunedì 14 novembre 2016

Noi di Destra siamo bravissimi a vanificare le nostre vittorie

Il nostro eccesso di individualismo, unito ad una naturale ritrosia per l'impegno pubblico, preferendo occuparci dei fatti nostri, consegnano sistematicamente le leve di governo a chi non ha simili scrupoli e, anzi, trova, per suoi limiti naturali di carattere culturale e caratteriale, gratificante belare con la massa.
Lo abbiamo visto nel passato remoto e recente (dalla caduta della Repubblica Romana per fare spazio ad un dittatore che formò l'Impero e che pure, a parole, era dalla parte del Popolo, fino alla divisione del 1996 che consegnò a Prodì la vittoria alle elezioni, del 2008 che tolse a Berlusconi quei voti de La Destra che avrebbero fatto comodo per rintuzzare il tradimento dei finioti) nazionale ma anche internazionale (basti pensare alla candidatura di Ross Perot nel 1992 che tolse voti a Buish padre per favorire l'elezione di Bill Clinton o alla "puzza sotto il naso" fino a dichiarazioni di non voto per Trump da parte di alcuni esponenti del partito Repubblicano).
Adesso ci sono alcuni "Tizi", la cui unica impresa politica è stata quella di perdere contro la sinistra, che continua ad ostacolare la nascita di una vera Destra Italiana contro l'immigrazione, contro le tasse, contro la deriva morale, millantando una modalità di far politica "moderata".
Infatti abbiamo visto dove sono finiti i "moderati" già di Forza Italia come Alfano, Verdini, Lupi, la Lorenzin o di altro genere come Casini: tutti alla corte di Renzi.
Forse è il percorso sul quale vogliono incamminarsi quando non si riconosce nel voto subito in caso di vittoria del NO e, anzi, chi dice non è "quella roba lì" riferendosi alle idee di Lega, Fratelli d'Italia e della parte migliore di Forza Italia.
Questi Signori sono già pronti a supportare un nuovo compromesso storico nel nome del Nazareno di infausta memoria, quello stesso patto che ha portato tanto male a Berlusconi, fino a ridurre il partito a percentuali insignificanti.
Se però le elezioni americane (ma anche la Brexit) hanno insegnato qualcosa, è che i popoli sono pronti a votare per chi esprime concetti chiari e netti infischiandosene se sono moderati o estremisti.
Non esiste una terza via tra respingimento e accoglienza degli immigrati, come non ne esiste una terza tra l'invadenza dello stato nelle nostre tasche e la valorizzazione delle qualità personali, individuali e private.
Nel lontano 2008 dissi che "moderato era sinonimo di modesto".
Avevo ragione.
Cosa vuol dire essere moderato ?
Difendo i confini ma .. con moderazione, fino ad un certo punto?
Sono moderatamente per l'Identità e la Sovranità Nazionale e sono per una Europa moderata ?
Te lo metto in quel posto ma ... moderatamente (così non te ne accorgi se non quando è troppo tardi)?
Appare evidente, soprattutto dopo il suicidio di Padova, che certi Politicanti non solo non sono affidabili, ma fanno solo perdere tempo.
Quindi: o dentro o fuori.
Se si chiamano fuori, andiamo avanti senza di loro, come sono andati avanti Farage nel Regno Unito senza i conservatori o Le Pen in Francia senza i gaullisti o i Liberalnazionali in Austria senza i popolari.
O Trump negli Stati Uniti senza McCain, Romney e Bush.
Si può vincere nella chiarezza e senza portarsi serpi in seno, pronte a tradire.

lunedì 7 novembre 2016

Secondo quanto sostengono Renzi e i suoi adepti, la presunta "riforma" (che in realtà peggiora una costituzione pessima di suo ab origine) servirebbe a snellire le procedure legislative con l'abolizione del bicameralismo paritario.
Non è vero.
Lo abbiamo visto sul senato, sul decreto legge e lo vediamo adesso con l'articolo 73 che riguarda la promulgazione delle leggi.
La pessima costituzione cattocomunista esistente dice:
"Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione
Se le Camere, ciascuna a maggioranza assoluta dei propri componenti, ne dichiarano l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.".
Renzi la peggiora così:
"Le leggi sono promulgate dal Presidente della Repubblica entro un mese dall'approvazione.
Le leggi che disciplinano l'elezione dei membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica possono essere sottoposte, prima della loro promulgazione, al giudizio preventivo di legittimità costituzionale da parte della Corte costituzionale, su ricorso motivato presentato da almeno un quarto dei componenti della Camera dei deputati o da almeno un terzo dei componenti del Senato della Repubblica entro dieci giorni dall'approvazione della legge, prima dei quali la legge non può essere promulgata. La Corte costituzionale si pronuncia entro il termine di trenta giorni e, fino ad allora, resta sospeso il termine per la promulgazione della legge. In caso di dichiarazione di illegittimità costituzionale, la legge non può essere promulgata. Se la Camera dei deputati, a maggioranza assoluta dei suoi componenti, ne dichiara l'urgenza, la legge è promulgata nel termine da essa stabilito. Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso.".
Oltre alla solita mania logorroica che raddoppia il testo, vediamo che Renzi introduce un esame preventivo della corte costituzionale, in pratica mettendo nelle mani di un gruppo di parrucconi non eletti, ma nominati dalla casta nelle sue varie branche, la decisione se una legge possa o meno essere promulgata.
Un appesantimento della procedura e non uno snellimento ma, ancora di più, una sottrazione alla Sovranità Popolare del diritto a veder promulgata una legge approvata dai rappresentanti del Popolo.
Al convegno fiorentino dei renziani la Boschi, senza contraddittorio, ha sproloquiato in difesa delle modifiche, ma come possiamo vedere, praticamente leggendo ogni singolo articolo, il NO è dovuto non solo per archiviare Renzi, ma anche nel merito stretto del provvedimento.

mercoledì 2 novembre 2016

Il NO è anche nel merito della presunta riforma

Se il NO del 4 dicembre è utile per far abbassare la cresta al bulletto fiorentino alla cui parola non possiamo credere (Letta "Enrico stai sereno" docet) non dobbiamo dimenticare che è anche un NO nel merito di una "riforma" che peggiora un testo di suo pessimo perchè frutto, lo voglio sempre ricordare, di un innaturale connubio tra cattolici e marxisti, oggi uniti nel pci/pds/ds/pd che, infatti, ci ha propinato, tra le altre, anche la legge sui matrimoni omosessuali.
Abbiamo già visto l'imbroglio della modifica dell'art. 55 rivisto (complicato e reso più permeabile agli imbrogli) in base ai torrenziali sproloqui di Renzi e adesso ecco un altro esempio della prosa renziana, l'art. 77 che non è poco importante, visto che tratta la decretazione d'urgenza, i famigerati decreti legge.
Non riporto (lo farò dopo con l'art. 70) i testi dell'articolo esistente (relativamente breve) e quello logorroico, tipicamente renziano, proposto, ma evidenzio come anche in un settore importante come è la decretazione d'urgenza, Renzi abbia voluto complicare la procedura, fornendo elencazioni di materie (quindi sicuramente dimenticando qualcosa, volutamente o meno) e trasformando la semplice emanazione di un decreto, con sua presentazione e obbligo di conversione in legge nei successivi sessanta giorni, in un gergo burocratese, con varie eccezioni, con una serie di passaggi, proposte modificative che chiamano in causa anche il senato, alla faccia della presunta semplificazione.
"I decreti recano misure di immediata applicazione e di contenuto specifico, omogeneo e corrispondente al titolo.
L'esame, a norma dell'articolo 70, terzo e quarto comma, dei disegni di legge di conversione dei decreti è disposto dal Senato della Repubblica entro trenta giorni dalla loro presentazione alla Camera dei deputati. 
Le proposte di modificazione possono essere deliberate entro dieci giorni dalla data di trasmissione del disegno di legge di conversione, che deve avvenire non oltre quaranta giorni dalla presentazione.".
E qui arriviamo all'art. 70 che sbugiarda la prima grande frottola dei presunti "riformatori", cioè la semplificazione della formazione delle leggi.
Il testo attuale è di una sola riga:
"La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere."
Ecco il testo partorito secondo gli schemi mentali (che si traducono nella sua ormai proverbiale torrenziale chiacchiera) di Renzi:
**"La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizioni costituzionali concernenti la tutela delle minoranze linguistiche, i referendum popolari, le altre forme di consultazione di cui all'articolo 71, per le leggi che determinano l'ordinamento, la legislazione elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamentali dei Comuni e delle Città metropolitane e le disposizioni di principio sulle forme associative dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme
generali, le forme e i termini della partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, secondo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma. Le stesse leggi, ciascuna con oggetto proprio, possono essere abrogate, modificate o derogate solo in forma espressa e da leggi approvate a norma del presente comma. Le altre leggi sono approvate dalla Camera dei deputati. Ogni disegno di legge approvato dalla Camera dei deputati è immediatamente trasmesso al Senato della Repubblica che, entro dieci giorni, su richiesta di un terzo dei suoi componenti, può disporre di esaminarlo. Nei trenta giorni successivi il Senato della Repubblica può deliberare proposte di modificazione del testo, sulle quali la Camera dei deputati si pronuncia in via definitiva. Qualora il Senato della Repubblica non disponga di procedere all'esame o sia inutilmente
decorso il termine per deliberare, ovvero quando la Camera dei deputati si sia pronunciata in via definitiva, la legge può essere promulgata. L'esame del Senato della Repubblica per le leggi che danno attuazione all'articolo 117, quarto comma, è disposto nel termine di dieci giorni dalla data di trasmissione. Per i medesimi disegni di legge, la Camera dei deputati può non conformarsi alle modificazioni proposte dal Senato della Repubblica a maggioranza assoluta dei suoi componenti, solo
pronunciandosi nella votazione finale a maggioranza assoluta dei propri componenti. I disegni di legge di cui all'articolo 81, quarto comma, approvati dalla Camera dei deputati, sono esaminati dal
Senato della Repubblica, che può deliberare proposte di modificazione entro quindici giorni dalla data della trasmissione. I Presidenti delle Camere decidono, d'intesa tra loro, le eventuali questioni di competenza, sollevate secondo le norme dei rispettivi regolamenti. Il Senato della Repubblica può, secondo quanto previsto dal proprio regolamento, svolgere attività conoscitive, nonché formulare osservazioni su atti o documenti all'esame della Camera dei deputati."**
Secondo gli schemi mentali di Renzi questa è una semplificazione.
Chiunque leggesse lo sproloquio che dovrebbe entrare nella carta costituzionale, ne uscirebbe solo con la consapevolezza che sono stati aumentati i passaggi, aumentate le possibilità di manipolazione delle informazioni, aumentate le possibilità di contestazione, senza alcun reale beneficio pratico.
Perchè se si abbandona il bicameralismo perfetto, le materie affidate a ciascuna camera, non devono essere soggette a revisione e neppure ad esame dall'altra, soprattutto perchè sarebbe una revisione ed esame finalizzato al nulla, chiacchiere solo per fare delle chiacchiere, visto che non ci sarebbe alcuna possibilità di modifica, ma solo di proposta.
Renzi si vanta di abolire il Cnel organo inutilmente consultivo, ma ha attribuito le medesime funzione al senato di nominati, concedendo loro anche l'immunità parlamentare.