sabato 2 agosto 2025

 L'estate tra grandi manovre di carta e razionale concretezza-

Ogni estate, salvo cataclismi naturali, guerre devastanti o morti illustri, c'è ben poco di cui parlare in politica, è adesso quindi che esplodono i complotti, che si riesumano cadaveri del passato e si costruiscono castelli destinati a crollare con il ritorno dell'autunno.
Leggo infatti le più fantasiose ipotesi di aggregazioni, crisi, liti, riavvicinamenti.
Un incontro, tutto sommato di scarso rilievo come quello tra Tajani e i due figli maggiori di Berlusconi, ha consentito ai "professionisti dell'informazione" di riempire una paginata di dietrologie.
A sinistra sperano che sia la spallata, che nè loro ne' le toghe rosse riescono a dare, al Governo in carica, salvo poi doversi risvegliare con il figlio di Berlusconi che considera lo ius scholae non di interesse.
Al centro sperano che sia l'avvio di una aggregazione che possa restituire quel potere che i cosiddetti centristi non hanno più e che, nella seconda repubblica, si manifestava essenzialmente con un ruolo determinante per far cadere i governi di cui facevano parte, non avendo la forza per trainare in proprio un governo.
E già si affacciano i vari candidati alla primazia del centro, da Renzi a Calenda, senza dimenticare tutta quella palude di "civici", alcuni dei quali riescono ad avere una pallida copertura mediatica nazionale quando occupano una poltrona da sindaco.
Nel Centro Destra, invece, sperano che un errore, come il lancio convinto dello ius scholae, convinca elettori a spostarsi su più affidabili partiti ai quali, ricordiamocelo, mancano un pugno di seggi per avere la maggioranza assoluta in parlamento, senza doversi compromettere con i centristi.
Ci sono poi quelli che vagheggiano l'ingresso in politica di Pier Silvio Berlusconi, senza considerare che il padre aveva un carisma, una empatia che il figlio non ha, visto che quando parla sembra Robby il robot della pubblicità Candy degli anni Sessanta ("or che bravo sono stato, posso fare anche il bucato?"), ma, soprattutto, Silvio Berlusconi ebbe fortuna perché entrò in politica da leader in un panorama in cui tutti i possibili leaders anticomunisti erano stati ingabbiati, fisicamente o moralmente, dai magistrati e chi poteva assumersi l'onere di rappresentare un polo che poi fu chiamato "della Libertà", Mario Segni, fece il clamoroso errore di preferire una coalizione centrista con i resti della dc, guidati da Martinazzoli, condannandosi alla irrilevanza ed alla fine politica.
Oggi i Leaders, nel Centro Destra, ci sono, e che sta lentamente riacquistano credibilità dopo gli errori del 2021 (partecipazione al governo Draghi con i comunisti) e di gennaio 2022 (sostegno e voti alla riconferma di Mattarella al Quirinale).
Quel vuoto dal quale Silvio Berlusconi emerse con facilità, oggi non c'è e questa è la più grande difficoltà di chi volesse provare a ripetere l'impresa del 1994. Impresa che io ero li e partecipavo-
E mentre i "professionisti dell'informazione" costruiscono castelli in aria, illudendo gli oppositori del Governo, Giorgia Meloni continua ad incamerare riconoscimenti e, forte della sua ancora giovane età, gira le capitali di quegli stati che possono aiutare l'Italia nella nostra riemersione dall'oblio come grande nazione, con uno specifico ruolo regionale, nell'area del Mediterraneo.

martedì 29 luglio 2025

 Ancora fiele per Macron-

È di ieri sera la comunicazione dell’avvenuto accordo tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti in materia di dazi.
La questione è talmente complessa — e riguarda la pressoché totalità della gamma merceologica, ognuna con le sue specificità — che, anche disponendo del testo completo con i termini esatti dell’accordo, sarebbe impossibile esprimere una valutazione che non sia di carattere generale.
E, come spesso accade, le valutazioni di carattere generale fanno prevalere l’aspetto politico su quello tecnico, il quale potrebbe vedere, ad esempio, i produttori di tondini lamentarsi e quelli di parmigiano brindare.
Sul piano politico, l’accordo è un fatto positivo: i 27 Paesi dell’Unione e gli Stati Uniti appartengono alla stessa famiglia occidentale, soprattutto in un contesto in cui il nemico, per entrambi, si chiama Cina.
Chiudere — peraltro in soli sei mesi, dal 20 gennaio, giorno in cui Donald Trump è entrato alla Casa Bianca — una vertenza di tale portata, mi sembra un buon auspicio per il futuro.
Nel merito, è vero che Trump appare come il "padrone" che ha fatto "saltare" la Von der Leyen a suo piacimento, ed è altrettanto vero che leader come Macron e Sánchez — capofila dei "talebani" del bazooka contro gli USA — si ritrovano ora a incassare l’ennesima sconfitta, ad abbozzare e a ingoiare il fiele dell’accordo.
Ma, se consideriamo il punto di partenza, come già ricordato in passato, non si tratta di un regalo agli Stati Uniti, bensì di un riequilibrio rispetto a un rapporto commerciale squilibrato da tempo, iniziato ben prima dei dazi: con imposizioni fiscali, regole restrittive, esclusioni di categorie merceologiche motivate con l’ambientalismo, frutto della bulimica produzione legislativa dell’Unione Europea.
Personalmente, sono favorevole a un Mercato libero da ogni imposizione e tassazione, in cui "vince" il prodotto che, per qualità e prezzo, viene premiato dai cittadini che lo acquistano.
Ovviamente, per i prodotti (che provengono essenzialmente dalla Cina e da altri mercati orientali) il cui costo è alterato da sfruttamento dei lavoratori, inosservanza delle norme sanitarie e di sicurezza sul lavoro, o da sussidi statali volti ad abbattere i prezzi, allora sì, devono essere applicati dazi per riequilibrare i costi.
Non ho ancora sentito le lamentele che mi aspetto dai produttori dei vari settori (a parte quelle dei cattocomunisti, che oltre a produrre solo chiacchiere e non beni o servizi, danno comunque la colpa alla Meloni — per un accordo definito dalla Von der Leyen — dopo averle intimato di non interferire nelle trattative europee).
Ma è quasi un “atto dovuto”: tentare di ottenere, dall’Unione o dall’Italia, un "aiutino", con la scusa del rimborso per maggiori costi o altre agevolazioni.
Mi aspetto quindi una lunga lista di richieste per ottenere benefici, rottamazioni, bonus e ogni altro vantaggio — tutto a debito della collettività. E spero che il Governo sappia dire qualche "no".
L’accordo potrebbe anche rivelarsi benefico in prospettiva: il riequilibrio imposto da Trump e le sue critiche alle manie ambientaliste sulle cosiddette rinnovabili e pale eoliche potrebbero dare impulso a chi sostiene la necessità di ridurre i costi e abbattere le barriere ideologiche del mercato interno.
Barriere finalizzate a imporre un cambiamento nel modello di sviluppo e nello stile di vita dei cittadini, che però non rispecchia il sentimento dei Popoli e delle Nazioni europee e si traduce solo in costi.
Intanto, nel momento in cui scrivo — oggi prima del solito, perché piove e ci sono 18 gradi — la Borsa guadagna l’1%, ha superato i 41mila punti e lo spread è sceso a 86.
Forse la pioggia è alimentata dalle lacrime della Schlein e dei suoi sette nani che le fanno la e da corte, perché la Meloni, lungi dall’affossare l’Italia come vaticinavano tre anni fa, la sta risanando.
E a essere isolati, oggi, nell’Unione Europea, non è il nostro Presidente, ma i loro amichetti.

domenica 27 luglio 2025

Riflessioni sotto l’ombrellone...
Uno Stato mai esistito-
Lo "Stato di Palestina" è una costruzione politica recente: non è mai esistito nella storia. Esiste, sì, una regione geografica, la Palestina, che nei secoli ha visto susseguirsi dominazioni diverse: popoli pre-romani, Romani (prima quelli veri, poi i Bizantini), Crociati, Ottomani, Inglesi. In quella terra vivevano principalmente popolazioni semite, fra cui gli ebrei erano storicamente prevalenti, ma mai fu creato uno Stato chiamato Palestina.
Il progetto del dopoguerra
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, la comunità internazionale decise di costituire uno Stato ebraico, Israele, e parallelamente uno Stato arabo. Israele nacque, ma lo Stato arabo no, non per colpa degli ebrei (che ancora non avevano costituito Israele), bensì a causa dell’ostilità dei Paesi arabi confinanti, che rifiutarono il progetto e istigarono la popolazione araba locale a fuggire o a prendere le armi.
Nel frattempo, Gaza fu annessa all’Egitto e la Cisgiordania alla Giordania. Invece di creare uno Stato arabo, si preferì tentare di distruggere Israele. Le guerre che seguirono, dal 1948 in poi, consolidarono l’esistenza di Israele, che fu infine riconosciuto (obtorto collo) dagli Stati arabi vicini.
Palestinesi e manipolazione
La popolazione araba locale, che rifiutò la cittadinanza israeliana (anche se esistono oggi cittadini arabi israeliani, con partiti e rappresentanti alla Knesset), fu strumentalizzata dai leader arabi. Questo ha alimentato un bacino di instabilità da cui sono emersi terroristi responsabili di dirottamenti, attentati e stragi per oltre settant’anni.
Alla fine, la popolazione araba venne cacciata dalla Giordania, riversandosi in Cisgiordania e a Gaza. In Libano e Siria creò instabilità, esportando violenza e terrorismo. A Gaza, territorio egiziano poi occupato da Israele, la popolazione scelse Hamas attraverso regolari elezioni, staccandosi da Al-Fatah in Cisgiordania.
Al-Fatah, fondata da Arafat, è passata dal terrorismo al tentativo di presentarsi come una leadership nazionale. Ma la cosiddetta "Autorità Nazionale Palestinese" non controlla realmente un territorio in modo sovrano. Tuttavia, molti (in primis l’ONU) continuano a fingere che si tratti di uno Stato.
La finzione dello “Stato palestinese”
Parlare oggi di “Stato palestinese” è una finzione politica. Uno Stato, per esistere, deve avere:
un territorio definito;
controllo civile e amministrativo;
forze dell’ordine e difesa regolare.
Nessuna di queste condizioni si verifica né a Gaza né in Cisgiordania. Lo Stato arabo non nacque per colpa dell’ostilità araba originaria, e oggi sopravvive nella retorica anti-israeliana dell’Iran e dei suoi proxy: Hamas, Hezbollah, Houthi.
Macron e l’Occidente miope
In questo contesto, Emmanuel Macron, presidente francese rieletto solo per bloccare Marine Le Pen, cerca un rilievo internazionale che in patria gli è ormai negato. Di recente ha dichiarato che la Francia riconoscerà lo Stato palestinese a settembre: un gesto tanto inutile quanto dannoso.
Macron non aiuta la causa della popolazione civile palestinese, che ha già pagato un prezzo altissimo per le scelte dei propri leader e che, spesso sotto minaccia o violenza, ha dovuto obbedire a Hamas. Peggio ancora fanno certi politici italiani di sinistra, pronti a salire sul carro di un leader perdente e sempre più isolato anche tra i suoi alleati europei.
L’approccio italiano
Pur non condividendo pienamente l’approccio del Governo Meloni, che sostiene la soluzione dei due Stati, lo ritengo più realistico. L’idea presuppone il riconoscimento reciproco tra Israele e Palestina, ma solo dopo:
il riconoscimento del diritto di Israele a esistere;
la liberazione totale e incondizionata degli ostaggi israeliani, vivi e morti.
Conclusione
L’idea di ricollocare i palestinesi altrove appare irrealistica. Quale Paese accetterebbe oggi milioni di persone con una storia così complessa, segnata da guerre, tensioni e infiltrazioni terroristiche?
Piuttosto, forse l’unica strada possibile è l’integrazione graduale di quella popolazione nello Stato di Israele, come avvenuto per gli arabi israeliani, in una convivenza reale, protetta e regolata, se ancora possibile, se ancora accettabile da Gerusalemme.



mercoledì 23 luglio 2025

 Italia vota no alla proposta OMS -

L'Italia ha formalmente respinto gli emendamenti 2024 al Regolamento Sanitario Internazionale (RSI) – adottati dalla 77ª Assemblea Mondiale della Sanità – inviando una lettera al DG Tedros Ghebreyesus il 18 luglio 2025, esercitando il diritto di opposizione previsto all'articolo 61 del regolamento-
Perché l’Italia ha detto "no"
Difesa della sovranità nazionale: secondo il ministro Schillaci, gli emendamenti avrebbero potuto dare all’OMS poteri eccessivi nel gestire emergenze sanitarie (lockdown, obblighi vaccinali, misure informative) senza il consenso dei singoli Stati -
Allineamento con gli USA: la scelta italiana segue quella dell’amministrazione Trump negli USA, che ha respinto gli stessi emendamenti per ragioni simili: paura di limitazioni alle libertà civili e all’autonomia decisionale nazionale -
🔥 Le reazioni principali
👍 A favore del "no":
Alcuni partiti di Governo elogiano la decisione come “difesa della sovranità nazionale” -
👎 Critiche dall’opposizione:
PD, M5S, Azione, Più Europa attaccano la decisione come “appoggio a posizioni trumpiane”, isolazionismo, e rischio per la cooperazione sanitaria globale -
Francesco Boccia (PD) definisce la scelta “assurda e pericolosa”, per l’allontanamento dal sistema di risposta collettiva dell’OMS -
🧭 OMS reagisce:
Tedros Ghebreyesus ha risposto pubblicamente via X (ex Twitter), esprimendo disappunto e richiamando l’importanza degli accordi multilaterali -
Cosa succederà ora?
Gli emendamenti non entreranno in vigore in Italia il 19 settembre 2025, come previsto per i paesi che non si sono opposti formalmente -
L’Italia sarà quindi esclusa dalle nuove disposizioni che riguardano definizioni di “emergenza pandemica”, equità globale e meccanismi di risposta multilaterale.
🚩 In sintesi
Aspetto Dettagli
Cosa Rigetto in blocco degli emendamenti RSI-OMS 2024
Quando Lettera del 18 luglio 2025, efficacia al 19 settembre
Perché Salvaguardia della sovranità e timori di poteri OMS troppo centralizzati
Conseguenze Italia esclusa da nuovi provvedimenti, polemiche politiche intense