giovedì 30 maggio 2013

Letta continua a firmare cambiali
Tra PdL e pci/pds/ds/pd non c'è accordo, su nulla.
Il Centro Destra vuole abolire l'imu, non aumentare l'iva e ridurre le tasse, mentre i comunisti sbavano pur di acquisire altri soldi al bilancio pubblico da spendere allegramente.
Il Centro Destra vuole una riforma presidenzialista e federalista, i comunisti vogliono un'Italia in mano ai burocrati di partito e centralista.
Il Centro Destra vuole una legge elettorale che garantisca la governabilità, mentre i comunisti ne vogliono una che garantisca la loro vittoria.
E si potrebbe continuare, anche se alcuni esponenti del Centro Destra hanno improvvisamente trovato la voce per sostenere tesi di sinistra (vedi alla voce Galan e Bondi).
In questo quadro Enrico Letta continua a firmare cambiali, che non si sa se potrà onorare.
Dopo la sospensione dell'imu con la necessità di rivedere il tutto entro il 31 agosto, ecco la mozione parlamentare che impegna alla riforma entro diciotto mesi.
Quale riforma ?
Abracadabra.
Nessuno lo sa.
In questo vuoto si agita il putto fiorentino e i suoi parlamentari firmano la mozione per il ritorno alla legge parzialmente maggioritaria antecedente la riforma del 2005.
Ho l'impressione che le cambiali di Letta andranno in protesto ...



Il Pdl ed il problema del partito nuovo ( x queste scritte certi del PDL mi hanno tirato le orecchie)
(LO)Il problema del Pdl è che alle elezioni politiche si affida ai miracoli di Silvio Berlusconi ed alle elezioni amministrative alle pratiche dei padroncini delle tessere e proprietari delle preferenze. Tra questi due poli non c'è nulla. Perché il gruppo dirigente di vertice, che pure in gran parte è formato da persone di qualità, dipende dai miracoli elettorali del Cavaliere. E perché i proprietari di tessere e di preferenze personali sanno che per sopravvivere non debbono far altro che conservare il proprio patrimonio elettorale difendendolo non dagli avversari esterni ma dai competitori interni.

Che fare per colmare questo vuoto esistente tra il gruppo di vertice che ruota attorno a Berlusconi ed i padroncini locali che ruotano solo attorno a loro stessi? La risposta è come quella data da Lenin: ci vuole un partito. Che, però, non può essere simile a quello leninista copiato nel corso dell'intero novecento dai partiti di massa fondato sulla organizzazione territoriale della militanza. E che non può neppure essere ispirato al modello dei comitati elettorali da far spuntare in occasione delle campagne politiche o amministrative e da abbandonare quando esauriscono i loro compiti contingenti. Insomma , a differenza del Pd che continua a difendere il partito pesante d'ispirazione leninista cercando di innovarlo con la trovata (non sempre proficua) delle primarie, il Pdl si trova nella singolare condizione di non essere né pesante, né leggero. E di essere costretto a puntare, sempre che non voglia continuare ad alternare alle vittorie delle politiche le battute d'arresto delle amministrative, su un nuovo modello che sia al tempo stesso incentrato sulla leadership di Berlusconi e che non dipenda dagli egoismi tra loro perennemente conflittuali dei padroncini. L'impresa, ovviamente, è facile da proporre ma molto più difficile da realizzare.

Perché per trovare una felice sintesi tra il partito leaderistico d'opinione ed il partito parcellizzato in tanti micro-apparati personali locali non c'è altra strada che quella di costruire una classe dirigente di vertice e di base capace di non solo di perseguire i propri interessi personali ma di saper anche subordinare questi interessi ai valori, alle opinioni ed alla visione complessiva della società espressi ed impersonificati dal leader. Vasto programma? Non c'è alcun dubbio. Perché l'operazione richiede sforzo, impegno, risorse, capacità di interpretare i bisogni e le esigenze della società e trovare le persone più adatte per rappresentare queste esigenze. Impone scelte precise. A cominciare dalla separazione, a livello di gruppi dirigenti nazionali e locali, tra compiti istituzionali e compiti di partito per non correre il rischio che gli impegni di governo cancellino quelli di partito. A finire con una selezione rigida di una classe dirigente che , come insegna l'esperienza non solo immediata ma anche quella degli ultimi vent'anni, può assicurare la tenuta ed il successo del partito solo se appare preparata, autorevole, credibile ed affidabile.Una operazione del genere richiede tempi lunghi. Ma deve soprattutto incominciare.

E non è detto che questo inizio debba necessariamente avvenire per iniziativa interna del Pdl. A dispetto del grande assenteismo delle elezioni di domenica scorsa la società nazionale ed, in particolare, l'area del centro destra, sono pervase da un fervore di iniziative volte proprio alla formazione ed alla aggregazione di nuclei di gruppi dirigenti di qualità. Favorire simili fermenti può essere un primo passo utile. Ad incanalarli in un alveo con regole democratiche c'è sempre tempo. Ma intanto si incomincia e si da un segnale di vitalità ad un corpo elettorale che ha bisogno di idee e fermenti a cui affidare le proprie speranze di uscita dalla crisi.

martedì 28 maggio 2013

Amici e sostenitori del Presidente Berlusconi, ci siamo!!! parte oggi "L'Esercito della Libertà" l'esercito di Silvio, i veri Berlusconiani scendono in campo con Berlusconi e solo per lui. Vi aspetto numerosissimi, Arruolatevi e formate i vostri regimenti!!! Non esitate e fatelo subito!!
http://www.esercitodellaliberta.it/

lunedì 27 maggio 2013

Vogliamo imparare la lezione ? l'Italia è casa nostra...
Le vicende da film horror di Kabobo con il suo piccone con il quale ha assassinato tre Italiani, i due estremisti islamici londinesi che con il machete hanno massacrato un militare Inglese e i disordini notturni in Svezia, hanno almeno due meriti.
Il primo e minore è che non si sente più il mantra degli immigrati come "risorsa".
Il secondo e più importante è una cruda presa di coscienza, sempre più diffusa, che gli immigrati invece di essere una risorsa rappresentano invece un pericolo mortale (tutti in senso figurato, cioè per il nostro modello di vita, ma abbiamo visto che alcuni lo sono anche in senso materiale) per gli autoctoni, siano essi Italiani, Inglesi, Svedesi o di qualunque nazionalità occidentale.
E' una consapevolezza che pervade sempre più Italiani (occupiamoci di casa nostra, anche se il discorso è ugualmente valido per le altre Nazioni) ma non sembra sfiorare i governanti, almeno quelli di sponda sinistra che, anzi, perseverano nell'errore e continuano a sostenere il suicidio dello ius soli.
Eppure proprio dall'Inghilterra dove, come per l'attentato del 2005 nella metropolitana, a trasformarsi in assassini sono stati due immigrati con cittadinanza e voto, di seconda generazione, dovrebbe essere chiaro che continuando di questo passo ci si porta in casa il proprio potenziale assassino.
Del resto la Storia insegna che su una stessa terra non possono vivere due popoli.
Preoccupa dunque la cecità di chi ci governa che, invece di assumere i provvedimenti necessari per bloccare nuovi flussi e, anzi, rispedire ai posti di partenza chi già è tra noi, pensa addirittura di concedere loro cittadinanza e voto.
Ma preoccupa anche una certa debolezza morale che vedo nei miei connazionali, in quelli almeno che frequento, che sono, sì, allarmati per il futuro, soprattutto dei figli, in un mondo popolato da Kabobo, ma che non realizzano che l'unica alternativa è quella di essere pronti a difendersi e reagire, non di aspettare la manna dal cielo, che qualcun altro provveda per conto nostro a restituirci la Sicurezza perduta.
Quando dico, colloquiando con amici e colleghi, che se agli Italiani onesti, incensurati, maggiorenni e che abbiano fatto il servizio militare o acquisito l'abilitazione al poligono di tiro, fosse concesso armarsi forse uno, due o tutti e tre i connazionali assassinati da Kabobo sarebbero ancora in vita, solo alcuni, quelli per età e per formazione a me più affini, manifestano comprensione per la sostanza di quel che dico (al di là del modo "cabarettistico" che uso).
Tutto ciò è frutto di una società progressivamente effeminata come dimostra la deriva dei costumi, tradotta in leggi contrarie alla Tradizione.
Quando (e non è un "se", ma un "quando") la mia generazione sarà troppo vecchia , i giovani cresciuti nel benessere e nel politicamente corretto, saranno capaci di sfoderare quella grinta necessaria a difendere le nostre Tradizioni, la nostra Storia, ma, soprattutto,  la nostra Terra e il nostro diritto a comandare su di essa ?

giovedì 23 maggio 2013

Ineleggibilità del Cav e riesumazione del Pds

(LO)A Beppe Grillo non importa un bel nulla ottenere l'ineleggibilità di Silvio Berlusconi. Anzi, se fosse per lui il Cavaliere dovrebbe rimanere bene ancorato al suo posto di leader del centro destra e diventare il proprio antagonista in un nuovo schema bipolare in cui figura da un lato il Pdl e dall'altro la sinistra egemonizzata dal Movimento Cinque Stelle. Per Beppe Grillo, infatti, la questione dell'ineleggibilità di Berlusconi è solo uno strumento per spaccare e frantumare il Partito Democratico. Non ci vuole un particolare acume per capirlo. Eppure una buona parte degli esponenti del Pd sembrano essere totalmente inconsapevoli di questa banale considerazione.

Il capo gruppo del Senato Luigi Zanda, il senatore Felice Casson, la senatrice Stefania Pezzopane , rilasciano dichiarazione a raffica per spiegare che per loro la questione dell'ineleggibilità del Cavaliere è un problema di principio da risolvere con le valutazioni giuridiche e non un problema politico da affrontare e chiarire sulla base del buon senso e delle esigenze politiche presenti e future. Si tratta di una faccenda di incredibile ottusità? O , nel caso di Zanda, come suggerisce ironicamente Berlusconi, di genialità tardiva? Niente affatto. Perché né Zanda, né Casson, né la Pezzopane possono essere considerati degli sprovveduti che non si rendono conto come pretendere di eliminare dalla vita pubblica con una legge ad personam il nemico di sempre sia una iniziativa da paese post-sovietico destinata a provocare la caduta del governo e lo sconquasso delle istituzioni repubblicane. La vicenda, al contrario ed a dispetto del tentativo di ammantarla di principi politici, è solo ed esclusivamente politica.

E non perché possa rientrare nel novero di quelle mine che vengono poste strumentalmente dagli irriducibili avversari delle larghe intese lungo la strada del governo Letta fondato sull'alleanza tra il Pd ed il partito di chi si vorrebbe espellere dal Parlamento (nessuno crede seriamente che l'iniziativa sull'ineleggibilità possa andare avanti fino a provocare la cacciata di Berlusconi dal Senato e la contemporanea esplosione dell'esecutivo di Enrico Letta). Ma perché rientra nel lento e tormentato processo, in atto all'interno della grande galassia della sinistra italiana, della formazione di una nuova formazione politica destinata a nascere da una possibile scissione del Pd e dall'unificazione di tutte le forze più radicali e giacobine dell'universo politico nazionale. In questa luce la vicenda degli Zanda, dei Casson e delle Pezzopane con il pretesto dell'ineleggibilità di Berlusconi va messa al fianco della recente manifestazione della Fiom di Landini a Roma e del referendum contro la scuola paritaria a Bologna promosso congiuntamente da Sel, dal Movimento Cinque Stelle e da pezzi del Pd bolognese. Non importa se lo Zanda neo-giacobino sia lo stesso che vorrebbe mettere fuori gioco i grillini dalle competizioni elettorali.

Il capo gruppo Pd del Senato s'illude in questo modo di costringere gli elettori di Cinque Stelle a finire nel nuovo partito della sinistra dura e pura. Ciò che interessa capire, invece , è che il punto di arrivo di tutto questo fermento interno ed esterno al Pd è la resa dei conti con le componenti riformiste della sinistra ed il ritorno, naturalmente dopo l'espulsione dalla sinistra stessa dei “revisionisti” e degli “inciucisti” delle larghe intese, di un grande partito unitario destinato a riesumare i fasti ed occupare il vecchio spazio politico del Pci. I tempi dell'operazione sono legati a quelli del congresso del Pd. Che non a caso gli amici di Enrico Letta vorrebbe spostare dal prossimo autunno al prossimo anno. Ma lo sbocco rimane comunque lo stesso: riesumare il Pci o, se vogliamo, il Pds. E, magari, mettendogli alla presidenza lo stesso Presidente dell'epoca di Achille Occhetto, cioè Stefano Rodotà!

sabato 18 maggio 2013


Per Berlusconi e Prodi senatori a vita

(LO)Si illude Silvio Berlusconi se pensa sul serio che per chiudere la guerra civile fredda che devasta il paese da troppi anni a questa parte sia sufficiente rispettare il patto tra Pd e Pdl grazie al quale il governo Letta-Alfano riesce a stare in piedi. Non c'è bisogno di ricordare come venne chiusa la guerra civile calda degli anni quaranta per rilevare che senza una apposita amnistia neppure la guerra civile fredda possa essere archiviata nella storia. Ma le condizioni per una amnistia che sarebbe subito vista come la summa della norme ad personam non ci sono. Fino a quando Silvio Berlusconi dovrà fronteggiare processi nei Tribunali di mezza Italia e parte dei suoi avversari continueranno a coltivare la speranza di vederselo tolto dai piedi dalla magistratura, non ci sarà alcuna possibilità di mettere la pietra tombale alla guerra civile attraverso lo strumento dell'amnistia.

Neppure se questa stessa amnistia, se realizzata puntando ad eliminare il gigantesco contenzioso esistente tra una massa gigantesca di cittadini e le strutture burocratiche dello stato, potrebbe rivelarsi un incredibile ed efficace volano per la ripresa del paese e per la sua uscita dalla crisi! Esclusa l'amnistia, però, basta il patto sulle larghe intese per chiudere la conflittualità endemica tra centro destra e centro sinistra? L'unica risposta realistica all'interrogativo è quella negativa. Già è un miracolo che il patto sulle larghe intese riesca ad andare avanti alla giornata. Figuriamoci se una alleanza così precaria e così mal digerita dai contraenti possa essere in grado di realizzare un compito epocale come la chiusura di un conflitto che non ha segnato solo la Seconda Repubblica ma che è l'eredità di tutto il cosiddetto “secolo breve” del novecento. Ed allora? Esiste un altro modo che non sia quello dell'amnistia per dare un segnale al paese che la guerra non continua ma è almeno interrotta per il tempo necessario alla uscita dalla crisi? Da più parti è stato ipotizzato che se il Presidente della Repubblica decidesse di nominare Silvio Berlusconi senatore a vita per tutelarlo dalla persecuzione giudiziaria si determinerebbe una importante condizione per un effettivo armistizio. Ma anche questa ipotesi , minimale rispetto alla amnistia, è stata subito bocciata come si è visto con la sortita del capo gruppo del Pd del Senato Luigi Zanda.

Eppure, a dispetto della bocciatura fatta dall'esponente del Partito Democratico, l'ipotesi di un intervento del Capo dello Stato per sopire l'eterna conflittualità del bipolarismo muscolare non è affatto peregrina. A patto che la motivazione non sia quella di sottrarre Berlusconi alla magistratura persecutrice e non riguardi solo la persona del Cavaliere. Se, ad esempio, il Presidente della Repubblica decidesse di chiudere e storicizzare la Seconda Repubblica nominando senatori a vita i due personaggi che sono stati i principali protagonisti di questa lunga fase politica del paese, cioè Silvio Berlusconi e Romano Prodi, le condizioni per il l'avvio del superamento della guerra civile sarebbero due, bilanciate e motivate dalla volontà di riconoscere dignità politica ai fondatori dei due schieramenti che hanno dominato la vita pubblica del paese negli ultimi vent'anni. In questo modo Berlusconi otterrebbe un vantaggio superiore a quello di Prodi che non ha alcuna persecuzione giudiziaria alle spalle? Sicuramente sì. Ma al tempo stesso Prodi, e lo stesso centro sinistra, otterrebbero quel riconoscimento politico e morale che la crisi del Pd ha negato non solo al fondatore dell'Ulivo ed all'unico sfidante vittorioso del Cavaliere ma anche a se stesso. Berlusconi e Prodi senatori a vita, dunque! Perché non provarci?

martedì 14 maggio 2013

Tagliare le spese:volere è potere

Arriva in aula il provvedimento per la restituzione di una prima parte dei debiti della pubblica amministrazione.
I fondi saranno reperiti non con una nuova tassa sulle sigarette elettroniche, ma con una "sforbiciata" ai fondi per la cooperazione e per l'editoria.
Anche se la sinistra per bocca di Boccia dichiara che i fondi saranno recuperati, la sforbiciata potrebbe benissimo trasformarsi in un azzeramento.
Perchè, infatti, dovremmo finanziare degli estranei quando non abbiamo il pane per noi stessi ?
E i giornali devono mantenersi con le proprie gambe, con i lettori e con la pubblicità.
E se non attirano lettori e pubblicità è meglio che chiudano.
Voler tagliare significa trovare dove e cosa tagliare da una spesa pubblica tanto improduttiva quanto faraonica. 

martedì 7 maggio 2013

In memoria del "Divo Giulio" Andreotti

Un giorno, quando eravamo in ottimi rapporti, ai tempi del pentapartito e poco più che diciottenne, un famoso Democristiano mi disse che mi reputava un  andreottiano.
Per alcuni potrebbe essere offensivo, io lo considerai un apprezzamento.
Giulio Andreotti è morto all'età di 94 anni.
Questa volta per davvero dopo tanti annunci prematuri di chi gli voleva male.
Una "bella età" come si suol dire e una collega oggi mi ha detto: vorrei arrivare a 94 anni con la sua testa.
Temo che negli ultimi anni la sua proverbiale lucidità si fosse appannata e l'assenza in occasione della elezione del presidente della repubblica ne è un esempio.
Per capire la battuta che mi fece l'ex ministro DC dobbiamo tornare ai primi anni settanta, esattamente a fine 1976.
La mia coscienza politica era iniziata con l'elezione di Saragat nel dicembre 1964 e già c'era il centro sinistra al governo con Moro presidente e Nenni (o De Martino) vice.
Dire a me "socialismo" è come sventolare un drappo rosso davanti a un toro (dico sempre di essere anticomunista dalla nascita e in tale espressione ci rientra anche il socialismo) e non mi sono mai riconosciuto nel centro sinistra, in Moro e nei suoi bizantinismi dialettici, nella "ineluttabilità" (come la chiamava Ugo La Malfa) del compromesso storico
Pur non avendone avuto diretta conoscenza, leggendo avidamente la storia del dopoguerra, io, di destra (anomala viste le mie simpatia per il libero mercato, gli Stati Uniti e l'Inghilterra), avevo interpretato il centrismo degli anni cinquanta come una sorta di "età dell'oro".
A fine 1971 fu eletto Giovanni Leone presidente della repubblica grazie ai voti determinanti dell'Msi.
A inizio 1972, dopo l'ennesima crisi di governo, la Dc si decise a sbarcare i socialisti e ricominciare con i liberali e l'artefice del tutto fu Giulio Andreotti il cui governo non ottenne la la fiducia e si andò ad elezioni, forse le più combattute della prima repubblica, con una netta affermazione dell'Msi, ma anche con la numerica possibilità di un governo centrista.
E così fu, con Giulio Andreotti presidente.
Era il governo spregiativamente definito "Andreotti-Malagodi-Tanassi" dalla sinistra che, con la bava alla bocca, scatenò ogni sorta di ostruzionismo.
Penso che qualche provvedimento possa allora essere passato anche grazie al voto missino.
Quel governo fu una opportunità per scrivere la parola fine al governo con i socialisti con un decennio di guadagno.
Forse i tempi non erano maturi e l'ostinazione di Fanfani ad andare a referendum sul divorzio e, quindi, perdere nel 1975 anche le elezioni amministrative getto l'Italia nel baratro del compromesso storico.
Nel 1976 fu il turno di una sessione elettorale al cardiopalmo, per poi iniziare con i governi della "non sfiducia" che, guarda caso, furono proprio quelli di Andreotti.
Nel 1978 Andreotti rappresentò la solidità dello stato contro il trattativismo con le brigate rosse di Craxi e di parte della Dc che avrebbero voluto liberare dei terroristi per liberare Moro.
Poi gli anni ottanta e ancora i primi anni novanta lo videro protagonista, finchè non fu eliminato dalla solita congiura mediatico giudiziaria che, con ben due processi, gli tolse l'opportunità di diventare presidente della repubblica (e credo sarebbe stato di gran lunga migliore di Scalfaro !) avvelenandogli gli ultimi anni di vita, nonostante ne sia uscito da fuoriclasse quale fu.
Su Andreotti scriveranno sicuramente decine di libri.
A mio avviso deve essere messo tra i pochi statisti che, comunque la si pensi, ha avuto l'Italia unitaria: Cavour, Giolitti, Mussolini, De Gasperi, Andreotti appunto e Berlusconi in stretto ordine cronologico.
Personaggio controverso, amato e odiato come Berlusconi, Andreotti fu un raffinato, arguto uomo di cultura (forse l'unico, tra i politici, a saper scrivere di suo pugno romanzi e saggi) e al tempo stesso uomo di governo e del fare (sua, ad esempio, l'organizzazione delle Olimpiadi di Roma nel 1960).
Non "pensavo" che potesse morire e la sua scomparsa mi rattrista quasi quanto mi rattristò la notizia della morte di Alberto Sordi.
Forse perchè con lui viene sepolta anche una parte della mia adolescenza politica e non.

domenica 5 maggio 2013

Un ministero per l'Identità Nazionale
Ventun ministeri, possono diventare tranquillamente ventidue.
Abbiamo un ministero, istituito da Monti, sull'integrazione perchè non dovremmo avere un ministero dell'Identità Nazionale ?
A fronte di un dicastero affidato ad una signora di nazionalità congolese, dobbiamo affiancare un ministero affidato ad un soggetto di nazionalità Italiana.
La prima dovrebbe favorire l'integrazione, ma pensate che la sua azione tenda ad integrare gli stranieri perchè assimilino cultura, usi, costumi, religione, cucina della Nazione che li ospita, oppure pensate che costei voglia forzare la mano perchè gli immigrati possano conservare tutte le loro caratteristiche e, al contrario, siano gli Italiani a dover cambiare per adattarsi ai nuovi venuti ?
Le premesse, cioè l'attività svolta e le prime proposte di legge come il passaggio allo ius soli, dicono che la strada che intenderebbe percorrere sia la seconda.
A maggior ragione, quindi, è necessario un ministero che conservi, valorizzi, diffonda l'Italianità come modo di vivere, di pensare, di agire, di lavorare.
Leggendo i commenti dei lettori nei quotidiani online, leggendo i blog, non mi pare che la nomina di un ministro di nazionalità straniera al ministero dell'integrazione, sia stata accolta bene: troppo evidentemente a favore degli immigrati con il rischio che faccia pagare agli Italiani le velleità dei nuovi arrivati.
Libero ha svolto un interessantissimo sondaggio tra i lettori nel quale si chiedeva di votare "il ministro che NON volevi".
La ministra di nazionalità africana ha staccato tutti con quasi il 40% dei voti.
Dietro di lei (ma solo al 12% !!!) Franceschini e la Bonino.
E' opportuno ricordare come sia ben diverso il concetto di nazionalità da quello di cittadinanza e che possiamo riassumere brevemente e brutalmente dicendo che io, anche se rinunciassi alla cittadinanza Italiana, resterei sempre un Italiano più della ministra dell'integrazione che di Italiano ha solo la cittadinanza concessa per un atto amministrativo.
Non dobbiamo quindi abbandonare la cultura della Nazionalità che è la cultura della Identità e rispetta i Valori delle nostre Radici, del nostro essere, della nostra Storia.
E queste devono essere le parole chiave: Nazione - Identità - Valori - Radici - Storia.
E' un atto di rispetto e di continuità verso i nostri Padri che hanno fortissimamente voluto l'Italia, con grandi sacrifici che non possono essere dispersi per includere persone che questi sacrifici non hanno fatto, che a quella Storia non appartengono, che quelle Radici non riconoscono, che quei Valori non condividono, che quella Identità non posseggono, che, insomma, a questa Nazione NON appartengono.
Solo chi ha la Nazionalità Italiana può decidere se rinunciare a parte della propria Sovranità per condividere l'Identità Nazionale e la terra sulla quale si estrinseca, con altri, nuovi arrivati, concedendola a chi possa essere assimilato e a chi voglia e possa essere assimilato, ma non a chi vorrebbe conservare la sua Identità, i suoi costumi, pretendendo addirittura che siamo noi a rinunciare a qualcosa della nostra essenza "per non offendere".
Solo quindi un referendum potrebbe sancire il passaggio dal millenario ius sanguinis di origine Romana, al barbaro ius soli di origine germanica.
Un referendum perchè se si deve rinunciare ad un diritto, ad una proprietà, gli unici legittimati a farlo sono i titolari di quel diritto, di quella proprietà.

E per salvaguardare tutto ciò, non c'è nulla di meglio che istituire un Mnistero dell'Identità Nazionale.


P.S. Proprio mentre veniva pubblicato questo post le agenzie diffondono le dichiarazioni della ministra di nazionalità congolese:
- abolire il reato di immigrazione clandestina
- disegno di legge per lo ius soli.
Non mi preoccupa.
E' solo una provocazione per istigare alle reazioni verbali di chi è contrario e quindi scatenare la repressione preventiva dell'unar (l'equivalente di Equitalia nel campo della libertà di opinione e di manifestarla).
Però mi domando se Letta non ritenga di ritirare la delega all'immigrazione, visto che la ministra ha sparato una sciocchezza non condivisa e, quindi, come è stato imputato alla Biancofiore, ha violato le regole imposte del "gioco di squadra".

sabato 4 maggio 2013

Berlusconi Padre della Patria

Violante, Renzi, Cacciari, Fassina.
Vecchi e nuovi, comunisti trinariciuti e in doppio petto sono insorti contro l'autocandidatura di Berlusconi a presiedere la commissione che dovrebbe cambiare una ormai obsoleta costituzione.
Credo che la reazione abbia divertito il Cavaliere che ha posto la sua candidatura per presiedere tale commissione, posto che, con tutte le cariche istituzionali (presidenza della repubblica, senato, camera, governo, corte costituzionale) in mano alla sinistra non può che essere attribuita al Centro Destra.
E chi meglio di Berlusconi potrebbe rappresentare il Centro Destra del suo indiscusso Leader ?
Ma se Berlusconi volesse veramente di occuparsi di articoli e commi, avrebbe spifferato ai quattro venti questa sua candidatura o, piuttosto, non avrebbe mandato lo zio Letta Gianni a parlare con il nipote Letta Enrico per far trovare la tavola imbandita ai commensali ?
Berlusconi è Padre della Patria a prescindere dalla presidenza della commissione ed in funzione dei suoi venti anni di attività politica, venti anni (che possono aumentare ...) che passeranno alla storia come gli anni di Berlusconi.
E i signori che sono insorti hanno avuto la stessa reazione del cane di Pavlov, dimostrandosi non tanto più evoluti della famosa bestiola.

mercoledì 1 maggio 2013

1 MAGGIO FESTA RINVIATA x mancanza di festeggiati
Francesco Petrarca, nelle sue poesie, esortava gli italiani a rinascere, rifacendosi a valori virtuosi e patriottici che mettevano al centro l’uomo, la sua creatività, il suo spirito critico, il diritto di esprimere la propria personalità e contribuire, con il suo operato a far evolvere la società. Oggi come nel XIV secolo possiamo trovare segni di decadenza civile, basti pensare ad esempio, alla frattura ancora esistente tra il Nord ed il Sud del Paese, alle migliaia di imprese che hanno dovuto chiudere in un anno solare di crisi, ai suicidi di imprenditori che non riescono a risolvere i loro problemi economici, all’altissimo tasso di disoccupazione che ci si ritrova ad avere, al disagio giovanile, ai timori che si hanno nei sistemi sanitari e giudiziari, che il cittadino avverte nei rapporti diretti con gli operatori di tali sistemi. In questa situazione, è doveroso che il nuovo governo Letta, provi a rigenerare il Paese, non partendo dalla sospensione o eventuale cancellazione dell’Imu sulla prima casa, seppur necessaria, ma le priorità attuali sono riforme, riforme, riforme… in prims sul lavoro, rivedere la riforma Fornero è fondamentale, con essa è altrettanto importante abbassare la pressione fiscale sulle imprese e sulle famiglie, poiché se un imprenditore è oberato di tasse non si favorisce certo la possibilità di assunzione, che invece va necessariamente incoraggiata; e si deve alleggerire dalle tasse la busta paga poiché gli stipendi, ove ci sono, non riescono a soddisfare il fabbisogno familiare. Per ora, sarebbe giusto comunicare all’Italia che in occasione del 1 Maggio, la festa è rinviata per mancanza di festeggiati…in attesa di tempi migliori.