L'inganno pensionistico-
Per accreditare la favola della
necessità di prolungare la vita lavorativa, linea Monti-Fornero, vengono
diffuse statistiche nelle quali si denuncia come, in alcune zone d'Italia e
presto in tutta Italia, le pensioni erogate superino il numero degli stipendi.
Solo tra le
righe si capisce che tale dato è dovuto alla perversa impostazione, per cui tra
le "pensioni" erogate, si calcolano anche quelle minime e di
invalidità che non hanno un sottostante derivante dai contributi versati.
Se, infatti,
considerassimo solo le pensioni vere e proprie, cioè quelle che sono il frutto
di decenni di contributi versati, non solo il loro numero è di gran lunga
inferiore a quello degli stipendi erogati, ma comprenderemmo come l'attuale
sistema pensionistico sia ampiamente sostenibile per l'oggi e per il domani.
Una tale
situazione di sostenibilità è stata consolidata nel momento in cui si è
passati, integralmente, al sistema contributivo, per cui la pensione è
esattamente la risultante dei contributi versati.
Il problema è
che quelle erogazioni di carattere assistenzialista (pensioni minime e di
invalidità che non hanno un sottostante pregresso fatto di corrispondenti
contributi) vengono messi in carico all'Inps sottraendo risorse derivanti dai
contributi versati dai lavoratori passati, presenti e futuri.
Tale onere
viene giustificato in base ad un principio solidaristico con il quale uno stato
aiuta i propri cittadini che si trovino in difficoltà.
Ma questo può
andare bene per chi, per nascita o eventi, si trova nelle condizioni di non
poter svolgere in tutto o in parte, un lavoro che gli consenta di accumulare
adeguati contributi versati, naturalmente sul presupposto che si tratti di
invalidi reali e non fittizi.
Un po' più
difficile motivare l'erogazione delle minime senza sottostante, che
presuppongono che il soggetto, che non è invalido perchè diversamente
otterrebbe la specifica pensione di cui sopra, non abbia mai versato o abbia
versato in numero insufficiente i contributi necessari a maturare la pensione.
Ma perchè non
li ha versati ?
Perchè non ha
lavorato e, allora, sorge la domanda: come si è mantenuto ?
Quale
contributo ha portato alla nostra società ?
L'alternativa
è perchè ha lavorato percependo importi in "nero", ma allora la
domanda è perchè la collettività dovrebbe farsi carico di mantenerlo con una
pensione minima quando lui non ha scientemente voluto contribuire alla
solidarietà economica della Nazione ?
Allora
sarebbe meglio se questi due tipi di pensioni, che alterano il rapporto con gli
stipendi erogati, venissero sottratti all'Inps, per essere posti a carico del
bilancio dello stato, trovando le necessarie coperture eventualmente
riordinando le detrazioni in poche e mirate, sforbiciando quindi la selva di
detrazioni attuali, ma soprattutto tagliando le spese inutili, come quelle per
finanziare giornali, film, televisione, accoglienza dei clandestini (chiediamo
che siano Bergoglio e Zuppi a provvedervi, visto che hanno scagliato la fatwa
contro i respingimenti !), sfruttando il patrimonio artistico, culturale, ma
anche quello immobiliare da porre sul mercato, anche per le locazioni a enti e
associazioni, al valore di Mercato, non a prezzi politici.
Ed ecco che,
da un lato, lo stato potrebbe fare assistenza ai suoi cittadini svantaggiati
(quelli veri, non quelli fasulli !), ma dall'altro non accrediterebbe la favola
della insostenibilità delle pensioni.
Perchè chi è
in pensione o chi ci andrà nei prossimi anni dopo una intera vita di lavoro,
non deve ringraziare nessuno per quello che andrà a percepire, perchè sarà
esattamente quello gli è dovuto per i contributi che lui stesso ha accantonato,
frutto del suo stesso lavoro, non di regalie dello stato.