Il prezzemolo popolare
Sono militante di Forza Italia da 33 anni, fedele fin dall'inizio al pensiero berlusconiano.
Leggo su X numerosi interventi che definire "critici" sarebbe un eufemismo, rivolti contro Tajani e Forza Italia.
Al netto delle esagerazioni e degli insulti, condivido in parte ciò che viene imputato al partito che fu di Silvio Berlusconi — e che oggi appartiene ai figli di Berlusconi (e la differenza si vede!). Dalle aperture sullo ius scholae all’adesione quasi fideistica all’Unione Europea: sono scelte che non mi convincono, e che — dopo 33 anni di militanza — sono pienamente titolato a criticare.
Purtroppo, Forza Italia è ancora imprescindibile. Qualcuno si illude che Fratelli d’Italia e Lega possano conquistare da sole la maggioranza assoluta. Io non lo credo. Anche ipotizzando un travaso di voti da Forza Italia, i numeri non basterebbero.
La conferma arriva proprio in questi giorni, nelle concitate trattative europee, dove a fare la differenza è il Partito Popolare Europeo — cioè Forza Italia e i suoi omologhi.
È vero: la sinistra è priva di visione e progettualità, appiattita com’è sulle ideologie ambientaliste dei Verdi, che arrecano danni concreti alle persone e alle economie. A destra, invece, c’è fermento: idee e proposte che trovano sempre più consensi, al punto che è Giorgia Meloni a tracciare la rotta. E a seguirla, oggi, c’è anche un peso massimo come Merz, leader dei cristiano-democratici tedeschi.
È la linea che rivede il regolamento sul green claims, facendo infuriare la Schlein e la Ribera.
È la linea che sostiene l’aumento della spesa per la difesa al 5%, mantenendo però eserciti nazionali, e rifiutando quella mostruosità che sarebbero delle Forze Armate europee.
È la linea che aggrega governi — anche socialisti, come quello danese — nella lotta all’immigrazione clandestina.
Che blocca, con l’appoggio di Merz e della Germania, le iniziative anti-israeliane di Sánchez.
Che spinge per un compromesso commerciale sui dazi al 10%, ancora una volta con il sostegno di Merz, mettendo a tacere Macron e la sua solita boria.
Tutto questo, però, non sarebbe stato possibile — e non lo sarà in futuro — senza i voti del Partito Popolare, con tutte le sue ambiguità.
Per questo motivo, tra il turarsi il naso accettando compromessi per evitare il peggio e l’onorevole ma perdente battaglia di principio (che servirebbe solo a spalancare la strada a maggioranze woke, ambientaliste, LGBT, antiamericane e antioccidentali), io scelgo la via del compromesso.
Perché la politica, anche oggi, resta l’arte del possibile. E il possibile si costruisce con la maggioranza, anche a costo di fare qualche passo indietro.
Con buona pace di certi personaggi che si credono unti dal Signore…
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