sabato 30 marzo 2013

L'anomalia dei post comunisti italiani

(LO)Può sembrare bizzarro e paradossale che il fallimento del tentativo di formare il governo da parte di un post-comunista debba essere certificato da un ex comunista. Ma guardando la faccenda da un punto di vista più generale non lo è affatto. Perché quanto sta avvenendo è il frutto di una crisi che si consuma tutta intera all'interno della tradizione del post-comunismo italiano. È da questa area politica che da quarant'anni a questa parte sono giunte le resistenze più accanite a qualsiasi tentativo di riforma sul terreno istituzionale ed economico in nome di una presunta fedeltà alla Costituzione nata dalla Resistenza che però nasconde la pretesa di tenere inchiodata la società italiana agli anni '70, quelli della massima egemonia del Pci sul mondo del lavoro e sull'intero paese.


Ed è sempre da quest'area politica che da quarant'anni a questa parte che si perpetua all'infinito e con la massima determinazione la massima gattopardesca che prevede la predicazione del cambiamento per lasciare tutto e comunque immutato. Questa crisi, che ha il suo punto di massima visibilità nella circostanza che il fallimento di Bersani debba essere certificato da Napolitano, non si scarica sul partito responsabile delle mancate riforme, quelle che sono alla radice delle attuali e particolari difficoltà in cui si trova l'Italia in questa fase storica. Grava esclusivamente sulle spalle dell'intero paese. Che a causa della posizione assunta dal segretario del Pd all'insegna del “non avrai altro governo al di fuori del mio” non solo rischia di non avere un esecutivo nel momento di massima emergenza degli ultimi vent'anni. Ma, soprattutto, corre il pericolo di vedere il proprio sistema democratico, proprio quello nato dalla Resistenza e fissato nelle norme della Costituzione, finire in pezzi sotto i colpi di chi punta a sostituire la democrazia rappresentativa con quella falsamente diretta cara a tutti i totalitarismi di stampo giacobino. Al pettine, in sostanza, è giunto il nodo dell'anomalia italiana del secondo dopoguerra. Cioè la presenza nel nostro paese prima del maggior partito comunista dell'Occidente e poi del maggior partito post comunista dell'intero pianeta. Partiti formalmente diversi ma sostanzialmente identici nel rivendicare il proprio ruolo di forza comunque destinata ad esercitare la propria egemonia paralizzante e conservatrice sulla società italiana.

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