venerdì 28 giugno 2013

Marina Berlusconi la nostra Thatcher
(LO)Marina Berlusconi ha correttamente smentito di essere intenzionata ad assumere impegni di sorta nella politica attiva. E non c'è alcun motivo per dubitare della sua affermazione. Non fosse altro che anche nelle dinastie repubblicane vale la regola delle dinastie monarchiche secondo cui si regna uno per volta . E fino a quando il padre Silvio rimane sul trono di leader del centrodestra, la figlia Marina non può far altro che negare di essere pronta a sostituirlo. Preso atto che il Cavaliere non abdica e che la figlia non gli succede, però, non si può non riflettere sull’eventualità che a dispetto della legge salica cara ai Savoia e agli Agnelli (tanto per rimanere in Italia e tra i reali dell'aristocrazia e della finanza), il capostipite Silvio decida , dopo una possibile “ brumal Novara” di tipo giudiziario, di trasmettere alla primogenita l'investitura a leader del centrodestra italiano.

(LO)Si tratta di un’ipotesi impossibile o, almeno sulla carta, del tutto razionale? La risposta non viene solo dalle metafore di tipo monarchico, che hanno il merito di rendere credibile l'eventualità ma anche il torto di farla apparire una sorta di reperto del passato Ma viene soprattutto dall'esperienza del presente, quella della formazione delle leadership nell'era della comunicazione, dell'immagine e del marketing politico, che rende l'ipotesi non solo praticabile ma anche incredibilmente appetibile per le sue concrete possibilità di successo. L'esempio dei Savoia e degli Agnelli, infatti, passa in seconda linea di fronte alle dinastie repubblicane dei Kennedy, dei Bush, dei Clinton. E perde completamente di peso alla luce di come nelle democrazie avanzate del tempo presente nascano e si consolidino le leadership politiche. L'epoca in cui i leader si formavano alla dura e lunga scuola dei partiti è finita da un pezzo.

I partiti tradizionali non esistono più. E la dimostrazione non è solo la leadership di Silvio Berlusconi nata come Araba Fenice dai partiti democratici della Prima Repubblica inceneriti dalla rivoluzione giudiziaria. Ma è, soprattutto, l'apparizione della cometa Matteo Renzi nel firmamento della sinistra italiana, cometa venuta fuori non da una lunga e formativa militanza nei partiti del fronte progressista, ma da un uso accorto e professionale del marketing politico. Al punto che Renzi venga visto dalla parte tradizionale e ortodossa del Pd come un corpo estraneo di natura sostanzialmente identica a quella dell'odiato Cavaliere. I nuovi leader, dunque, possono nascere anche senza partiti di riferimento, dal marketing politico o da circostanze eccezionali che ne favoriscono l'apparizione e il successo. Beppe Grillo non sarebbe mai diventato il capo di un movimento del 25 per cento se non avesse intercettato l'antipolitica di un quarto degli italiani. E Mario Monti sarebbe rimasto un professore imprestato alle alte cariche burocratiche dello Stato se la crisi e Giorgio Napolitano non lo avessero trasformato in un inappropriato personaggio politico di prima grandezza. Marina Berlusconi, quindi, nel caso la persecuzione giudiziaria dovesse provocare l'espulsione traumatica e violenta dalla politica del padre Silvio, potrebbe sicuramente raccoglierne l'eredità all'interno del centrodestra.

Con i vantaggi di un nome a cui non serve alcuna forma di promozione, ma che ha il traino di una ventennale persecuzione mediatico-giudiziaria, di un consenso pronto a passare in blocco da padre in figlia in nome della difesa dei valori di libertà contro le prepotenze e l'autoritarismo della sinistra fondamentalista, di una capacità e di una credibilità personali messe in mostra alla guida di un’impresa storica come la Mondadori, di una età e di una natura femminile che la mettono in condizione di poter giocare una carta innovativa e rivoluzionaria. Quella di poter diventare una Thatcher italiana! Se così fosse, ben venga anche la dinastia berlusconiana!

giovedì 27 giugno 2013

Pdl, la rottamazione parta dalla capitale
(LO)Ed ora la rottamazione nel P.d.L. per interrompere il declino, per non favorire la morte dell'antico sogno liberale e liberatorio mai realizzato, impedito dalla incapacità di semplici dichiaranti, ostacolato dai partiti e movimenti di stampo collettivista, respinto dai reazionari detentori degli oligopoli economici e finanziari. Per rompere il sistema politico-economico basato sulla prevalenza del "pubblico" a danno del "privato" diviene obbligatorio formare pattuglie di veri e grandi rivoluzionari capaci di contrastare e vincere sui nostalgici predicatori dello statalismo-burocratico, rompere le catene che impediscono la libera iniziativa, il libero mercato, l'intraprendenza degli uomini di talento, di favorire quanti hanno spirito di iniziativa, voglia di produrre, di innovare, di progredire.

Una guerra spietata contro ogni forma di assistenzialismo che alimenta l'inerzia dei lavoratori e degli imprenditori e consente a personaggi mediocri di gestire l'immenso apparato pubblico che genera inefficienza, illegalità, corruzione. Monopoli ed oligopoli pubblici, anche nella erogazione dei servizi più elementari dagli asilo nido, ai servizi sociali, alla assistenza sanitaria più semplice ed immediata, sono una metastasi dilagante che dilapida le risorse del Paese, frena lo sviluppo, condanna all’impotenza. Se la metà della ricchezza prodotta in un anno nel Paese ( PIL), 800 mld di euro, viene inghiottita dalla Pubblica Amministrazione, se non c'è ente pubblico, servizio pubblico che funzioni, se tutti gli enti pubblici da più di 40 anni non hanno i conti in ordine, se le risorse sono impiegate al 90% per pagare gli stipendi dei dipendenti, di cui solo la metà lavora, allora il decesso della gridata (nelle piazze) legalità, libertà, democrazia, efficienza, produttività, crescita economica è sicuro, inarrestabile, con la fine di ogni speranza di ripresa.

A chi spetta il compito del nuovo rinascimento a quelli che nei fatti ( le parole sono tutte belle e promettenti) si oppongono? Ai Vendola, ai Grillo, ai Di Pietro, ai Rodotà, ai Zagrebelsky, agli Onida, a quella pletora variegata di truffatori dell' informazione ( Floris, Travaglio, Santoro, Annunziata e tutta la compagnia dei suonatori di trombone) ai dipendenti giornalisti del "La Repubblica"; ai soci della cooperativa del “Il fatto quotidiano"? L'arduo compito spetta alla maggioranza degli italiani che una volta avevano sperato nella DC, nel partito liberale ed in quello repubblicano, e poi nel PSI di Craxi, Amato e Martelli e poi in Forza Italia, come pure nel P.d.L. Questa maggioranza degli italiani che non canta “bella ciao”, che è scettica nei confronti di quei pensatori che ripetono stancamente un inventario di idee irrealizzabili, pretende la soluzione dei problemi che non sono né di destra, né di sinistra, né di centro. Questa maggioranza di elettori chiede un punto di riferimento, qualificati personaggi che possano rappresentare le istanze dei molti che non chiedono solo diritti, ma assolvono molti doveri, che pretendono un vero segnale di responsabilità per risolvere gli enormi problemi del Paese, per salvare l'Italia. Sarà pure importante riformare la legge elettorale, di ridurre il numero dei parlamentari, regolamentare i partiti.

Il compito primo è abbattere l'apparato pubblico-burocratico che assorbe la metà della ricchezza prodotta da una parte degli italiani che lavora e produce, mentre un'altra metà è costretta nelle gabbia della struttura burocratica pubblica inefficace e improduttiva, costretta per mantenere il posto di lavoro a non esprimere tutto il potenziale lavorativo, tutta l'efficienza e l’esperienza maturata in strutture organizzative che mortificano la meritocrazia, il talento, la voglia di produttività (non è neppure possibile riequilibrare i carichi di lavoro ed il numero compatibile del personale negli uffici). Si tratta di rivoluzionare tutto il sistema della amministrazione pubblica, della amministrazione della Giustizia (effetti collaterali fondamentali per la crescita del Paese), di depotenziare quelle frange del sindacalismo italiano che sono dannose per la difesa del lavoro, che non si rendono conto di realizzare l'esatto contrario di quello che proclamano (l’occupazione non si crea andando in piazza). La rottamazione nel PdL serve anche per salvare il Cavaliere dalla potente lobby dei Magistrati di Milano. Si deve aprire una procedura di infrazione per deficit politico di alcuni dirigenti del PdL. Se mandiamo in prima serata Mara Carfagna e altri e come nominare Francesco Boccia Presidente della V Commissione Bilancio, Tesoro e Programmazione della Camera dei Deputati, che confonde i caccia F35, con gli elicotteri salvavita. Uno che in Puglia ha sempre perso con quel fenomeno di Vendola.


Ora cominciamo da Roma dove gli uomini del P.d.L. sono stati sconfitti da una piccola scossa magnitudo 0-1.9 (non cade neppure una tegola di un palazzo; può essere registrata solo mediante adeguati apparecchi). Il personaggio Marino, infatti, riesce a sprigionare una energia politica vicino allo zero, risultando un vantaggio insperato per gli avversari. Gianni Sammarco che a ridotto a pezzi il P.d.L. romano non deve ritornare a fare politica nel territorio, deve andare in un altro territorio, quello agricolo a coltivare zucchine. Come pure Vincenzo Piso, coordinatore del Pdl Lazio, il quale avrebbe dichiarato che così ci facciamo del male. Il male è già fatto, è ora di farsi curare. Ora, cari signori, come nelle aziende che si rispettano, si va a casa. Si cambia volto al partito, senza difese da parte dei maggiorenti nazionali. Anche gli elettori devo contare e se non contano nel partito di appartenenza, allora è meglio non votare. Non disperate, ci sono ancora buone notizie: "prostituirsi non è reato" ha deciso il TAR di Latina; l'addio alla toga di Ingroia; la compravendita tra i Parlamentari del MS5. Un'altra da tenere in debita considerazione riguarda la scelta di ricorrere a personaggi della c.d. " società civile" ( Hobbes, Locke, Rousseau, Hegel, Marx) che non sembra abbia dato prove brillanti.

mercoledì 26 giugno 2013

Servizio della TV Francese sull'Esercito di Silvio!
http://www.arte.tv/fr/italie-l-armee-de-silvio-berlusconi/7567956.html
Il Pdl alzi l’asticella ad Enrico Letta
(LO)Gli ipocriti sostengono che le sentenze non si discutono Ed, invece, da che mondo è mondo, non esistono sentenze che non aprano discussioni e non provochino divisione e contrasti nell’opinione pubblica. Gli stessi ipocriti, poi, aggiungono che il Pdl deve separare la questione giudiziaria da quella politica e ribadire il pieno sostegno al governo di Enrico Letta Come se fosse del tutto indifferente la circostanza che nel frattempo al centro destra si tenta di eliminare il proprio leader usando le sentenze come arma impropria.

All’ipocrisia bisogna porre un limite. Che non può consistere solo nel rendere più perentoria la richiesta abolizione dell’Imu e della rinuncia all’aumento dell'Iva da parte del Pdl. E non può neppure risolversi in una nuova campagna per la giustizia giusta e la difesa dello stato di diritto tornando a sollecitare ancora una volta (e sempre inutilmente) la separazione delle carriere dei magistrati e la responsabilità civile dei giudici. Se il centro destra vuole alzare l’asticella deve pretendere qualcosa di politicamente più significativo da parte di Enrico Letta, di Dario Franceschini e di quei settori del Partito Democratico che considerano senza alternative praticabili in questa legislatura l’esecutivo di larghe intese. Questo qualcosa riguarda la natura dell’esperimento avviato con la nascita dell’esecutivo fondato sulla coabitazione tra Pd e Pdl.

Se la natura deve essere quella della precarietà data da una emergenza contingente, non si capisce perché mai il centro destra dovrebbe assistere passivamente alla eliminazione brutale del proprio leader e continuare a fornire il proprio appoggio e sostegno a chi non vede l’ora di vedere il Cavaliere detronizzato per potersi sbarazzare di un alleato azzoppato. Se invece la natura del governo deve essere quella di un esecutivo destinato a realizzare le riforme risultate impossibili in epoca di bipolarismo muscolare ed obbligato a rimanere in vita fino a quando l’azione riformatrice non sarà completata, la faccenda cambia aspetto. Ed il centro destra può anche pensare di continuare a sacrificarsi per il bene superiore del paese cercando, nel contempo, di difendere e preservare il ruolo politico del proprio leader. Il Pdl, in sostanza, deve sfidare Enrico Letta a prendere apertamente le distanze da quanti nel suo partito puntano sulla precarietà del governo per perseguire l’obbiettivo del ritorno alla guerra civile fredda favorita dalla liquidazione ingiusta ed assurda del leader del centro destra. Questo significa che Letta debba definire “irreversibili” le larghe intese ? Niente affatto. Perché in politica tutto è sempre reversibile.

Ma che almeno abbia il coraggio di incominciare a prendere oggi la strada che in futuro, sempre che non voglia smentire se stesso, la propria natura e la propria storia per consegnarsi ad una qualche deriva vendoliana o grillesca, dovrà comunque imboccare. Il riformismo, infatti, è comunque alternativo al fondamentalismo massimalista. Anche ( e soprattutto) se Berlusconi dovesse venire politicamente assassinato e se la maggioranza moderata e riformista del paese dovesse temporaneamente trovarsi senza un leader.

La morte di Colombo inguaia Napolitano
Emilio Colombo, politico democristiano, è morto ieri (R.I.P.) e adesso i senatori a vita sono rimasti solamente due: Ciampi (ultranovantenne) e Monti (con un laticlavio - che somiglia più ad un vitalizio -  ottenuto per quei meriti futuri che, poi, non ha dimostrato di avere).
Ma la morte di Colombo che segue quella di Andreotti inguaia Napolitano, perchè adesso non ha più scuse per nominare nuovi senatori a vita, equilibrando uomini di Centro Destra a quelli di sinistra.
Così Silvio Berlusconi diventa il principale candidato al laticlavio, alla faccia di Grillo e dei magistrati, perchè non esiste nessuno, in Italia, che per la sua attività imprenditoriale, unita a quella politica dove rappresenta mezza Italia, possa vantare i titoli per essere nominato.
L'alternativa sarebbe scegliere di abolire, finalmente !, i senatori a vita e rappresenterebbe un ulteriore merito per Berlusconi, la cui candidatura avrebbe fatto preferire la cancellazione di un istituto preistorico, inutile e dannoso.

martedì 25 giugno 2013

La via crucis di Berlusconi
Come Gandhi.
Come Havel.
Come Erdogan.
Come la Timoschenko.
Come la Su Ki.
Come Mandela.
Come tanti che, per difendere le proprie idee, sono stati perseguitati, Berlusconi prosegue nel suo calvario che è quello di una intera Nazione che vede calpestata la dignità e ignorata la supremazia della Sovranità Popolare che in Berlusconi ha eletto, liberamente, il Leader del Centro Destra.
Ce lo aspettavamo e, come sempre, ci aspettiamo che il vecchio leone scenda ancora una volta nell'arena per azzannare i suoi e nostri nemici, con una memorabile campagna elettorale che, a questo punto, deve essere programmata per ottobre.

Politica d'estate
L'estate è, al fine, giunta, smentendo per l'ennesima volta gli untori del catastrofismo che ipotizzavano un "anno senza estate".
Con il caldo, con i fine settimana estesi, con il tempo libero dedicato maggiormente alle uscite in famiglia, la politica appare meno intrigante e più lontana.
Ma i problemi restano, come, purtroppo, restano i magistrati che, unicamente in forza di un concorso, si sono arrogati il diritto di dettare i tempi agli eletti dal Popolo, autoassolvendosi persino per la presunzione che sia più importante una loro udienza di una riunione di governo.
In questo mese di giugno abbiamo già avuto l'ennesima conferma della inaffidabilità della giustizia italiana con la decisione della corte costituzionale che ha assolto i magistrati che non hanno riconosciuto a Berlusconi il "legittimo impedimento" derivante da una riunione del consiglio dei ministri da lui presieduto.
Ormai non vale neppure più la pena commentare simili facezie, sarebbe invece necessario coprirle con una cupola di oblio. Avuta anche sentenze su Ruby e il prosieguo della indagini sullo "scouting" (che, quando riguarda Berlusconi, si chiama "compravendita") di parlamentari, nonchè i successivi capitoli dei processi risibili ancora in corso o in appello/cassazione.
Comunque vada, però, è certo che in Italia si sta riformando un bipolarismo con il crollo di fiducia e consensi nei confronti del movimento di Grillo, la scomparsa sostanziale dei montiani e la crescita parallela nei sondaggi di PdL e pci/pds/ds/pd.
Il Centro Destra ha un Leader, voluto e sostenuto dal voto di un Popolo che non crede e non ha più - da tempo - alcuna fiducia nei magistrati che cercano di liquidare il suo Leader.
E' un Leader indebolito da tante battaglie, dalle continue aggressioni, dalla ostilità di molti capi di stato stranieri che vorrebbero un'Italia prona e serva invece di un'Italia protagonista, da un'età ormai venerabile, ma Silvio Berlusconi è e resta il Leader del Centro Destra.
I suoi risultati sono indiscutibili:

con Berlusconi, per la prima volta, il Centro Destra ha saputo presentarsi sostanzialmente unito;

con Berlusconi non ci sono state devianze e fughe verso la concessione della cittadinanza e voto agli immigrati o per assecondare i capricci degli omosessuali;

con Berlusconi non sono state inventate e applicate nuove tasse e, anzi, alcune riduzioni sono state individuate e applicate;

con Berlusconi si è inquadrato un primo, rudimentale, passo verso un reale federalismo;

con Berlusconi l'Italia ha avuto una propria politica estera, sovrana e indipendente.
Si poteva fare meglio, si poteva fare di più.
Facile a scriverlo, molto più difficile realizzarlo con tutte le ostilità e le pressioni dei molteplici interessi che circondano ogni azione di governo.
Abbiamo visto i disastri di Monti e vediamo le vuote chiacchiere di Letta che, finora, ha saputo, solo per le pressioni del PdL di Berlusconi, rinviare l'imu sulla prima casa.
Nella consapevolezza che Berlusconi resterà il faro del Centro Destra sia che venga dichiarato "ineleggibile" (dopo essere stato in parlamento per venti anni !), sia che venga condannato in via definitiva, sia che venga costretto all'esilio per salvarsi dalla persecuzione giudiziaria, nella certezza, quindi, che in qualunque condizione Berlusconi venga posto dagli storici nemici in toga saprà dare linea e coesione al Centro Destra, spetta a tutti noi sviluppare e far crescere le idee che Berlusconi incarna.
Spetta a noi con i nostri commenti (cioè nel modo più facile) , a noi se ci volessimo impegnare attivamente in politica (con un costo personale piccolo o grande), a quelli di noi che in politica ci sono da tempo e ricoprono incarichi direttivi e di rappresentanza.
Ed è proprio alla rappresentanza di quegli elettori, come il sottoscritto, che possono formare un nuovo blocco elettorale che i dirigenti del PdL devono guardare, lasciando perdere le senili esternazioni di un Galan o i rigurgiti veteromarxisti di un Bondi.
Berlusconi, per ragioni di età, non può occuparsi di dettare la linea, rappresentarla in pubblico e, anche, dare corpo alla struttura del partito.
Questo deve essere compito di una classe dirigente che organizzi una struttura sul territorio e centrale e che focalizzi la sua azione su grandi battaglie ideali (no all'immigrazionismo, no ad assecondare i capricci omosessuali, riduzione delle tasse, difesa e valorizzazione della proprietà privata, sovranità monetaria e in politica estera, rivoluzione della struttura giudiziaria, contrasto al fisco predatore e spione ...) e importanti battaglie locali (sicurezza, pulizia delle città, controlli, contrasto del degrado delle piazze e vie storiche, viabilità ...).
Una classe dirigente che accantoni il fioretto spuntato dei Letta, dei Bonaiuti, degli Alfano, per usare sciabole taglienti.
Per i dirigenti PdL, infatti, il "breviario" è pronto ed è scritto, quasi quotidianamente, da Marcello Veneziani ne Il Giornale.

domenica 23 giugno 2013

Sono una donna non sono una santa
La penosa difesa della ministra dai natali ddr (come la Merkel) deve aver preso spunto dalla vecchia canzone di Rosanna Fratello: sono un'atleta, non una commercialista.
Idem per Valentino Rossi, Giorgio Pavarotti, Diego Maradona.
A ben vedere "io non sapevo" era anche la difesa di Scajola e di tutti quelli accusati di una qualche irregolarità.
Se si trattasse di Berlusconi sapremmo già la conclusione: non poteva non sapere.
Però, questi commercialisti, quanti errori !


Amici che siete Fedelissimi del Presidente Berlusconi che aspettate a dimostrare la vostra gratitudine ed attaccamento?? ora PUOI! Diventa anche TU un Soldato dell'Esercito di Silvio e fai il tuo Reggimento, siamo Tantissimiii, ti aspettiamo e sopratutto il Presidente Berlusconi ti aspetta!!! 
http://www.esercitodellaliberta.it/?page_id=359

sabato 22 giugno 2013

Il valore della scelta di responsabilità del Cav
(LO)A parti invertite ci troveremmo in una situazione da primavera araba Con le piazze piene di folla imbufalita contro il tentativo di uccidere la democrazia del paese decapitando per via giudiziaria il leader del maggior partito d'opposizione E con le forze dell'ordine impegnate a contenere l'inevitabile coda di guerriglia urbana che seguirebbe la concentrazione di grandi masse di manifestanti indignati in tutte le principali piazze italiana. Per fortuna, però, non ci troviamo a parti invertite. Il leader che rischia la decapitazione per via giudiziaria non è il segretario del Pd ma è il Presidente del Pdl, Silvio Berlusconi. E quest'ultim, benché provato ed arrabbiato al massimo livello per l'offensiva finale della ventennale persecuzione giudiziaria ai suoi danni, non aizza le folle alla protesta e non minaccia alcuna estate italiana contro l'aberrante tentativo dei suoi avversari di eliminarlo (e con lui eliminare l'opposizione) con un sistema totalmente ispirato ai processi staliniani degli anni '30.

Chi rileva che la linea di responsabilità adottata dal Cavaliere nasca dalla considerazione che in caso di caduta del governo Letta quello che lo sostituirebbe, formato da Pd, Sel e grillini dissidenti, potrebbe fare anche peggio, ha sicuramente ragione. Ma solo in parte. Perché è vero che Berlusconi non ha affatto perso la lucidità e sa bene che in certe condizioni la riduzione del danno è una strada obbligata. Ma è altrettanto vero che trasformare l'atto di responsabilità del Cavaliere in un semplice calcolo di costi e benefici non consente di capire il valore effettivo e politico della rinuncia allo scontro ed alla rottura di Silvio Berlusconi. Per i media ed i politici della sinistra la responsabilità del leader del Pdl è un atto semplicemente dovuto. Per la stragrande maggioranza del paese, quella che non guarda con gli occhiali dell'ideologica e di una pretesa superiorità antropologica della sinistra, è un sacrificio gigantesco che assolve tutti i peccati reali o presunti del passato di Berlusconi e lo trasforma in una sorta di Padre della Patria verso cui anche il vecchio avversario non può non avere riconoscenza.

Quanto meno per non aver gettato nella instabilità e nel caos un paese che è già afflitto da una crisi di dimensioni bibliche. Non cogliere questo aspetto nella considerazione dell'atto di responsabilità del Cavaliere significa non riuscire a capire il valore e le ricadute politiche della rinuncia allo linea dello sfascio. Se si votasse oggi il Parlamento che verrebbe espresso dal nuovo voto sarebbe completamente diverso da quello presente. Il Pd non avrebbe più la maggioranza alla Camera e risulterebbe ridimensionato al Senato, il Movimento Cinque Stelle scenderebbe di almeno dieci punti rispetto a quella attuale, il centro di Monti e di Casini scomparirebbe quasi del tutto ed il centro destra, a stare almeno ai sondaggi, tornerebbe a governare il paese.

Tutto questo nel momento presente. Ma che succederebbe in autunno, dopo la conclusione della macelleria giudiziaria di Berlusconi e della trasformazione del Cavaliere in martire della democrazia e Padre della Patria per aver sacrificato se stesso allo scopo di evitare lo sconquasso della società nazionale? Immaginare di risolvere il problema espellendo il leader del Pdl dal Parlamento in seguito ad una sentenza della magistratura o a qualche gabola sulla incompatibilità è da beoti. Un leader politico rimane tale anche se non entra a Montecitorio o a Palazzo Madama. Anzi, con l'aureola della vittima, lo diventa sempre di più!

venerdì 21 giugno 2013

Contro il cancro dell'antipolitica
(LO)Naturalmente c'è da fare molto, moltissimo. Alle parole che da decenni avvolgono nelle loro nullificate promesse le mirabolanti attese riformatrici dovrebbero seguire i fatti E, per dirla con noi della "Comunità", vedi il Facchinetti dei giorni scorsi, sono davvero un mucchio i fatti che attendono Non facciamone l'elenco, che pure è roboante nella sua implicita impotenza. Ma c'è qualcosa che possiamo fin da subito notare e far notare a quanti si occupano della crisi dei partiti che è a tutti gli effetti la crisi della politica. Se prendiamo il dibattito o comesichiama nel Pdl, il tornare o meno a Forza Italia, il dato che colpisce è la semplificazione del problema ridotto al nome, come se ritornando all'antico bastasse e, peggio ancora, servisse intraprendere una svolta autentica. La contraddizione è tanto più stridente ove si pensi all'ipotesi, avanzata da taluni, che al vertice della nuova Forza Italia bisognerebbe mettere imprenditori volonterosi e preparati replicando in tal modo lo schema del 1994 "Publitalia che supporta Forza Italia".

Partendo, magari, dal presupposto di allora, ovvero l'impostazione sostanzialmente antipolitica. Perché il Cav fu il primo antipolitico d'Italia. Ma venti anni fa. A trovarli, oggi, imprenditori di tal genere in un momento di coma profondo di un'imprenditoria che un giorno sì e l'altro pure chiede provvidenze al governo e nessuno che dica loro: fate come i vostri colleghi dell'Emilia-Romagna dopo il terremoto, che senza aluna provvidenza governativa hanno ricostruito e riassunto come prima più di prima. A parte il fatto che una cupola di imprenditori ai vertici di un partito, ancorché leggero, non risolve il problema vero e cioè: che partito si vuole? E per cosa? E in quale forma? E con quale visione del paese? E, infine, con quale proposta di riforma delle istituzioni, della forma Stato, del sistema elettorale? Forse sarebbe bene ascoltare gli elettori del Pdl, i suoi simpatizzanti, i suoi attivisti, i suoi amministratori, insomma promuovere una sorta di Stati generali liberali e da lì muovere con un programma politico chiaro e forte. Poi il nome verrà, vecchio o nuovo che sia.

Ma, si dice, ciò che preme è l'economia, la pressione fiscale, i costi della Casta, il prezzo della politica. Un ritornello non lontano dalla verità ci mancherebbe altro. Ma pur sempre un refrain che non porta da nessuna parte e che non sconfigge, di per sé, il cancro del paese, la sua metastasi, cioè l'antipolitica. La quale, tuttavia, non è più sulla cresta dell'onda. Non avvince e non seduce. Il paese ha fame di cose concrete, ha bisogno di fatti, di scelte, di azioni.Ha assoluto bisogno, cioè, di politica.Prendiamo il caso del M5S. Nel gorgo delle espulsioni grillesche a catena che stanno rinverdendo i processi stalinani ma in chiave farsesca, le propaggini della fine dell'antipolitica sembrano delinearsi. Al beau geste, salutato con gli osanna, dei 28 milioni restituiti dai pentastellati, seguirono le elezioni ammnistrative .Ebbene, Grillo si è di colpo rimpicciolito al di là di ogni pessimistica previsione, finendo ai margini della vita politica.

Lo spocchioso mood di un pugno di parlamentari senza arte né parte, antipatici e intolleranti peggio di una setta del Thugs, è la versione dell'impotenza e della impreparazione. L'antipolitica di oggi diventa così l'ultimo rifugio degli imbroglioni,degli incapaci. Ha contagiato movimenti da Di Pietro a De Magistris a Ingroia finiti al macero proprio perché vissuti e gestiti nell'assunto ideologico della loro supposta superiorità morale rispetto alla "degenerata Italia del berlusconismo" su cui reclamavano l'eliminazione giudiziaria. Anche la sinistra è stata, e lo è ancora, percorsa da questa ventata forcaiola che ha alimentato un vasto grumo di odio politico che è, per l'appunto, la semplificazione della complessità, la negazione della politica. Forse, dico forse, con la collaborazione, sia pure forzata, Pdl-Pd sta iniziando una fase nuovissima capace - forse, lo ripeto - di far rientrare dalla finestra la politica presa a calci e cacciata dalla porta. Anche per questo, qualunque siano i verdetti giudiziari imminenti, al Cav conviene mantenere ferma la barra della stabilità e a Letta, che esce più rafforzato dal G8, quella della governabilità.

Con un'avvertenza:che la governabilità deve essere tale, che il rinvio sistematico la nega,che le decisioni a metà scavano la fossa. E non si sottovaluti la negatività di un Porcellum lasciato tale e quale nonostante i giuramenti di cambiarlo. È stata fatale a Pd e Pdl quella rinuncia furbesca che ha agevolato Grillo e i suoi miracolati dal web. Pensiamo al ventilato sempresidenzialismo o come si chiama. Cambiare sistema elettorale/istituzionale è la precondizione di ogni credibilità riformatrice. Sulla riforma ci sta lavorando un serio Quagliariello. Si ispiri, il ministro, ad uno dei suoi più importanti libri, quello su Charles De Gaulle e alla sua impareggiabile lezione: quella di una politica che sa guardare molto in là. Fino a noi. E oltre.

Come distruggere le nostre Radici
eri leggevo le tracce per la prova di Italiano della maturità.
Magris, Zingales, paesi "in via di sviluppo", i "Brics", "Mercato e democrazia".
Il tema storico sugli omicidi politici (chissà se sarebbe stato accettato quello virtual-giudiziario di Berlusconi?).
Però mi domandavo: e Dante ? Manzoni ? Ariosto ? Tasso ? Petrarca ? Foscolo ? Carducci ? D'Annunzio ?
Cioè i GRANDI della nostra Letteratura, quelli che hanno contribuito a coltivare e far crescere il nostro essere Italiani, ponendo le radici della nostra Civiltà, la migliore mai esistita.
Amara la constatazione.
Attraverso la cancellazione dei Grandi della nostra Letteratura, i comunisti che hanno occupato anche il ministero della (d)istruzione, vogliono bruciare le nostre Radici, per fare spazio all'orda di immigrati che, confidando anche in quelle che Marcello Veneziani ieri ha descritto come Le tre divinità del politicamente corretto , sta già calando sulla nostra terra per occuparla con le loro usanze, religioni, ricordi, radici.
Quousque tandem, Letta, abutere patientia nostra ?

giovedì 20 giugno 2013

Le titubanze del Cavaliere
(LO) O il Cavaliere ha un progetto che non vuole esternare oppure a che cosa serve il governo delle larghe intese? La maggioranza degli Italiani non l’ha capito Berlusconi ,dal momento in cui è nato il governo Letta, o tace, oppure quando decide di parlare, non fa che tessere le lodi dell’esecutivo, che a suo dire sta adottando i provvedimenti voluti dal Pdl. Se non che, e siamo in pochi ad averlo capito, nell’approssimarsi delle decisioni tanto attese, vuoi della Corte Costituzionale, vuoi della magistratura ordinaria, alza i toni, non parlando ovviamente dell’Imu, ma dell’aumento dell’Iva, da scongiurare a tutti i costi, anche violando il famoso e dannosissimo Patto di Stabilità. Apriti cielo. Letta, di rimando ed in presenza dei panzer europei, lo smentisce ed i cattocomunisti, colgono l’occasione non solo per insultarlo, cosa che fanno giornalmente, ma per sostenere che, se quel Patto esiste è esclusiva responsabilità del Cavaliere che lo ha accettato quando era Premier.

Per fortuna, in questo momento, tiene banco il comico genovese, con i problemi del suo Movimento, ma tra qualche giorno, a seconda dell’esito dei procedimenti in corso, scoppierà il finimondo, non potendo Berlusconi più sopportare una persecuzione giudiziaria che non ha uguali al mondo. Ma ciò che preoccupa maggiormente gli italiani, che dopo il 17 giugno sono diventati più poveri, è il pressapochismo della politica, i cui mestieranti continuano a farla da padroni, preoccupati come sono di non perdere i privilegi acquisiti, una volta messo piede nelle Istituzioni parlamentari. Berlusconi certamente tale problema non ha, godendo di autonomia economica non indifferente acquisita attraverso l’attività imprenditoriale svolta in vari campi dell’economia e della finanza, ma in questo periodo di grave crisi anche le sue imprese soffrono, indebolite da alcune sentenze che hanno viceversa fatto la fortuna dei suoi competitori, primo fra tutti quel De Benedetti che attraverso il quotidiano radical schic "La Repubblica", non perde occasione per parlar male. Basta pertanto fare un brevissimo riassunto dell’attività governativa di questi ultimi due mesi, per giungere alla conclusione che, per salvare il Paese dalla catastrofe imminente, bisogna andare a votare, prima possibile, con l’obiettivo di raggiungere una maggioranza utile per ristabilire i giusti parametri economici e sociali ai quali gli Italiani per bene e laboriosi erano abituati.

Ma c’è un "ma" grosso quasi come il Palazzo del Quirinale abitato, non per sua libera scelta da un personaggio che, essendosi calato nella realtà, si è arrogato i poteri propri di un Capo di Stato eletto direttamente dal popolo. Io lo chiamo monarca perché, nonostante sia un comunista storico, esercita il potere come se fosse un sovrano. Se così è, Napolitano scioglierà a breve le Camere, affidando l’incarico, qualora Letta fallisse (ci siamo vicini), ad un altro mestierante della politica che tenterà di dar vita ad un nuovo esecutivo, magari con il sostegno dei transfughi grillini. A questo punto, il Cavaliere, svincolato dagli accordi presi con Napolitano, tirerà fuori le unghie e non solo portando il popolo Italiano ormai stanco ed esausto dalla pressione fiscale diretta ed indiretta, che il governo di sinistra esaspererà, alle porte dei Palazzi, dove si esercita il potere, ottenendo dalla legittimazione popolare una maggioranza bulgara tale da consentirgli l’esercizio del potere, giusta i parametri di una ferrea strategia liberale, senza gli ostacoli di finiana e casiniana memoria. Il tutto per il progresso di un paese, vittima della spesa pubblica enorme ed ancora senza controlli, posto che gli attuali divieti sono utili soltanto a coloro che coltivano la disperazione dei poveri derelitti, a fini propri e di categoria. Basta pensare che l’1,5% del debito pubblico pari ad 800.miliardi di euro, sarebbe sufficiente per non pagare L’Imu e per non alzare di un punto l’aliquota Iva, per rendersi conto che l’Italia non si salverà mai se non si taglia drasticamente la spesa pubblica improduttiva, utile solo per finanziare in qualche modo l’apparato del Pd o qual si voglia apparato pubblico o privato, fonte di ricchezza e privilegi dei "soliti noti".

Penso che sia questo il progetto vero del Cavaliere. Ma perché abbia successo, lo ripeto per l’ennesima volta, deve fare presto e deve allontanare da se i mestieranti della politica, e sono ancora tanti, privilegiando le forze giovanili di ambo i sessi, perché la speranza di tutti noi italiani sta nel rinnovamento, non quello dei cattocomunisti o dei grillini, ma della società che deve essere educata come era una volta alla cultura ed all’amor patrio. Perché si deve sentire in giro, Grande Germania Grande Francia, Grande Inghilterra e non più Grande Italia, terra che ha dato i natali ai più grandi geni ed ai più grandi artisti del mondo intero?

mercoledì 19 giugno 2013

http://www.dagospia.com/rubrica-6/cafonalino/video-cafonalino-fate-largo-alla-falange-azzurra-arriva-lesercito-di-silvio-pronto-a-invadere-57915.htm
Centrodestra: una rete, non un apparato
(LO)È un falso dilemma quello tra partito pesante e partito leggero, partito apparato radicato sul territorio e partito movimento in campagna elettorale perenne per conquistare e tenere stretto il sempre più ampio elettorato d'opinione L'alternativa è fasulla per la semplice ragione che il partito pesante e d'apparato, quello che si articola nel territorio e si sostiene occupando il più possibile le strutture pubbliche, è in via di sostanziale estinzione. Rimane in vita la parte clientelare che resta abbarbicata a tutti i diversi livelli delle amministrazioni locali e di quelle nazionali ma che fronteggia con sempre minore capacità di resistenza la rabbia diffusa e crescente contro le caste burocratiche che hanno occupato lo stato e gravano sulle spalle dei contribuenti. Ma la parte apparato è ormai in via di progressivo smantellamento.

E non perché, come pensa erroneamente Pier Luigi Bersani fermo ad una idea novecentesca e tradizionale del partito di massa, sul mercato politico ci sono ormai solo partiti leaderistici affidati alla visibilità ed alla forza comunicativa del “padre padrone” ad eccezione del Partito Democratico privo di padroni (e di leader). Ma perché nella moderna società segnata dalla molteplicità e dalla diversità dei canali di comunicazione, di informazione e di formazione, il partito come unico canale di comunicazione tra istituzioni e corpo elettorale formato da un corpo chiuso di funzionari e di professionisti della politica è ormai definitivamente e totalmente superato. L'esempio del Pd, proprio quello che Bersani cita a modello alternativo a quello leaderistico, è fin troppo significativo. Il vecchio apparato, quello che ha vinto le primarie contro il corpo estraneo Renzi, è talmente in ritirata da pensare addirittura che l'unica possibilità di salvezza sia di portare lo stesso Renzi alla guida del partito. E se non ci fossero le strutture collaterali, dalle masse dei pensionati della Cgil alla rete di interessi delle cooperative, il Pd (come dimostrano i dati delle elezioni) non avrebbe una capacità molto ridotta di presa e di mobilitazione del popolo della sinistra.

Il centro destra alle prese con il problema del modello di partito da costruire dopo che la vecchia macchina del Pdl sarà rottamata, dunque, ha una indicazione chiara. Non può pensare di mettere in piedi un partito pesante e di apparato. Sia perché i suoi professionisti della politica sono pochi, sia perché le sue clientele locali non sono capaci di conquistare e conservare fette di potere, sia perché alle proprie spalle non ha né sindacati, né cooperative. La scelta obbligata è dunque quella del cosiddetto partito leggero? Sicuramente sì. A condizione che la formula di questo tipo di partito non sia quella che affida al solo Silvio Berlusconi il compito di effettuare miracoli in occasione delle diverse tornate elettorali. Essere leggeri, infatti, non significa essere inesistenti. Significa, al contrario, dare vita a strutture snelle formate da persone di riconosciuta capacità. E, soprattutto, significa che queste strutture sappiano creare collegamenti costanti tra elettori ed istituzioni attraverso il sostegno di molteplici canali di comunicazione esterni al partito ma ispirati ai valori ed alle idee del centro destra.

Il partito leggero, in sostanza, deve svolgere il ruolo di coordinatore e di regista di una rete di organismi intermedi in grado di utilizzare tutti i più moderni strumenti di informazione, comunicazione e formazione. Ci sono giornali, siti, fondazioni, centri studi, associazioni culturali, movimenti monotematici e di scopo, società, cooperative, onlus ed i più diversi organismi del volontariato che possono contribuire a mettere in piedi la rete con cui il partito nuovo deve avere la possibilità di raccogliere il proprio elettorato. Impresa impossibile? Niente affatto. La rete c'è già ed è spontanea. Basta riconoscerla ed organizzarla.

Avvisaglia di dittatura
I paladini della libertà di stampa censurano, relegandolo a pagina 28, un articolo politicamente scorretto del politologo Sartori.
Così il Corriere della Sera si prostra davanti alla ministra di nazionalità africana cercando di occultare le critiche di Sartori.
E' solo l'antipasto di quel che ci si prepara se gli immigrati otterranno cittadinanza e voto: saranno intoccabili, vietato criticarli e a noi Italiani spetterà solo lavorare e pagare le tasse per distribuire agevolazioni a costoro.
Se ci sveglieremo per tempo, però, tutto questo potrà essere evitato.
Spetta a noi e solo a noi decidere come sarà l'Italia domani.
E se vorremo un'Italia serva, non potremo che seguire le indicazioni della Boldrini e delle due ,ministre di nazionalità straniera.
Se invece vorremo l'Italia "una d'arme, di lingua, d'altare, di memoria, di sangue e di cor" non potremo che combattere perchè la presenza di simili ministre non sia altro che una parentesi sgradevole, da archiviare al più presto e che non abbia alcun seguito futuro.

lunedì 17 giugno 2013

La prima grande porcata
Nel complice ed omertoso silenzio dei mezzi di informazione che hanno relegato la notizia a margine e in coda alle roboanti promesse in economia, il governo Letta ha deciso (non ho ben capito se da subito con un decreto legge o con un disegno di legge) di "semplificare" la strada per l' estinzione dell'Italia e degli Italiani.
Con una decisione che è ben più grave di un colpo di stato, Letta, eliminando ma solo per gli immigrati i cavilli burocratici,  introduce il principio per estendere la cittadinanza italiana ai figli nati in Italia dagli immigrati, al compimento del loro diciottesimo anno di età (anche qui non ho trovato l'indicazione se il privilegio viene concesso ex nunc, cioè per chi nascerà dal momento in cui l'aberrazione lettiana sarà legge, oppure – e sarebbe ancor più grave e aberrante – ex tunc, cioè facendovi beneficiare tutti coloro che, anche in passato, nacquero in Italia).
Senza chiedere il permesso agli unici titolari del diritto, i cittadini con nazionalità Italiana i cui Avi costituirono la Nazione Italiana e poi lo Stato Italiano sulla base di un patto che ammetteva a tale beneficio quanti sarebbero nati da cittadini Italiani secondo il principio Romano dello ius sanguinis, Letta e i suoi introducono il meticciato di massa nella nostra Nazione, imbastardendone le radici e sconvolgendone gli equilibri sociali, etnici, tradizionali, religiosi, economici.
Gravissima sarà la responsabilità del PdL e di Berlusconi se non si opporranno a tale abominio per ottenere in cambio i trenta denari dell'abolizione dell'imu e del rinvio dell'aumento dell'iva (e se non ottenessero neppure quello sarebbero solo dei Giuda che si farebbero anche menare per il naso non ottenendo il prezzo del loro tradimento !).
Come minimo, come minimo !, una tale modificazione del contratto sociale posto a base dell'Italia dovrebbe essere deciso con un referendum a maggioranza qualificata, perchè, come nelle comunioni, solo i proprietari (unanimemente ...) possono decidere di cedere parte della proprietà comune e, in questo caso, significa chiamare degli estranei a compartecipare alla proprietà del Sacro Suolo Italiano.
E' evidente che la nefasta influenza della triade in gonnella composta dalle due ministre di nazionalità straniera e dalla Boldrini ha portato ad un provvedimento che danneggia fortemente gli interessi degli Italiani veri che, a loro volta, vengono legittimati ad assumere, per contrastare la violazione del patto compiuta dallo stato, tutte le iniziative necessarie per impedire la diffusione della metastasi.
Purtroppo anche quando il Centro Destra tornerà al governo sarà difficilissimo riportare la situazione nello statu quo ante, perchè, come minimo, l'abolizione della legge avrà effetto ex nunc (come è giusto che sia) e comunque non passerebbe in modo indolore e senza tensioni e violenze.
Ma questo è futuro, oggi dobbiamo serrare le file e sensibilizzare Berlusconi e gli uomini del PdL perchè si oppongano, anche a costo di mandare a gambe all'aria il governo, ad un provvedimento inviso se non a tutti, alla stragrande maggioranza dei loro elettori.
Non credano di poter confidare in eterno sull'effetto "diga", perchè è inutile una diga che non impedisce le peggiori iniziative del nemico.
Berlusconi e gli uomini del PdL sono stati votati non solo per impedire altre rapine dei nostri risparmi, ma anche la deriva morale e sociale della Nazione, certamente non per reggere il moccolo alle peggiori porcate di Letta e dei suoi compagni.

domenica 16 giugno 2013

Conferenza Stampa di Martedì 18 Giugno a Roma
Amici!!! L'Esercito di Silvio martedí 18/06 sarà in conferenza stampa a Roma alle 11 in Piazza Montecitorio all'Hotel Nazionale, presenteremo la " Campagna d'Italia" con i membri del comando nazionale, saranno illustrate le iniziative a difesa e sostegno di Silvio Berlusconi e il prossimo raduno nazionale e il tour in Camper x l'Italia.

È una conferenza stampa aperta a tutti coloro che si sono arruolati e a chi desidera conoscere e capire....invitiamo tutti gli amici di Roma, del Lazio e d'Italia che possono esserci, di raggiungerci presso l'Hotel Nazionale.

venerdì 14 giugno 2013

Ahi, che Dolores !
Una consigliera di circoscrizione di Padova, leghista, ha scatenato un putiferio, è stata espulsa (frettolosamente ...) dalla Lega ed è stata denunciata da una avvocatessa, per aver postato una battuta sgradevolmente violenta su Facebook.
Quel che ha scritto è sulla stessa linea degli auspici e istigazioni contro Berlusconi, anche di preti che dal pulpito pregano il loro dio (che non è certo quello dei veri Cattolici !) di chiamare a sé il Cavaliere, che però non hanno la stessa copertura mediatica e neppure la stessa rigidità giustizialista.
E' una ... asimmetria che ritengo opportuno evidenziare, poi ognuno ne tragga le sue conclusioni.
Ma quel che mi interessa ancor più rimarcare è che entrambe le manifestazioni di esasperazione esprimono sentimenti diffusi.
Mezza Italia odia Berlusconi.
Mezza Italia odia l'idea di concedere cittadinanza e voto, con lo ius soli, agli stranieri e la nomina a ministro di due signore che non hanno e mai avranno la nazionalità Italiana, ma solo la cittadinanza, è vista come una provocazione che istiga la parte peggiore di noi.
Berlusconi è (purtroppo) alla fine del suo ciclo e il "problema" si risolve naturalmente, ma si eviti di cambiare la legge sulla cittadinanza, una provocazione nei confronti di milioni di Italiani, un guaio che potrebbe essere sanato solo dopo lotte e periodi bui e dolorosi per tutti.

giovedì 13 giugno 2013

Pdl, finalmente un partito nazionale...(se ci credete)
(LO)Era qualcosa che sognavamo da tempo Fin dai giorni in cui, in Italia, si è iniziato a parlare di un "partito unico" per il centrodestra E oggi il momento è finalmente arrivato Nato da una "fusione a freddo" voluta da Silvio Berlusconi per puro tatticismo, il Pdl non ha mai dato l'impressione - nei cinque travagliati anni della sua storia - di poter diventare un vero partito nazionale, distribuito in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale.

Il Popolo della Libertà, al contrario, si è sempre comportato come un network (particolarmente inefficiente) di minuscoli potentati personali e cordate di piccolo cabotaggio spinte da interessi particolari. Mai, insomma, il Pdl è stato in grado di strutturarsi come un vero partito (leggero, per carità), capace di raccogliere e motivare la propria base elettorale e i propri attivisti. Per farlo, pur tutelando le peculiarità di ciascuno, sarebbe servito un lavoro di radicamento sul territorio capillare e organizzato. Ci sarebbero volute strategie univoche nell'elaborazione politica e nella comunicazione, insieme a strumenti (magari democratici) per identificare queste strategie. Troppa fatica. Meglio, molto meglio, affidarsi all'invincibile macchina da guerra incarnata da Silvio Berlusconi. Capace, in perfetta solitudine, di sbaragliare gli avversari anche nei momenti di maggiore difficoltà.

E così il "partito" si è trascinato stancamente, senza mai un guizzo o un reale ricambio dei propri quadri dirigenti. Anche quando, di fronte alla spietatezza dei fatti, l'arcana pratica delle dimissioni sarebbe stata, più che consigliabile, assolutamente obbligatoria. Poi però, all'improvviso, l'imprevedibile è accaduto. E al termine di una tornata amministrativa particolarmente importante, nei mesi successivi ad una delle crisi politiche ed istituzionali più gravi nella storia repubblicana, il Pdl è riuscito nell'impresa. Come d'incanto, un partito frammentato e governato dal caos ha trovato la soluzione a tutti i suoi problemi geopolitici. A prescindere dalle alleanze, dalla latitudine, dalle responsabilità di governo, dalla forza o dal numero degli avversari, il Popolo della Libertà è finamente riuscito a comportarsi come un vero partito nazionale, ottenendo un risultato elettorale omogeneo su tutto il territorio nazionale, isole comprese. Ed è scomparso.

L'identità unica del moderno centro destra
(LO)Le elezioni amministrative del '93 si conclusero con un successo senza precedenti per la sinistra che alimentò la convinzione di Achille Occhetto di poter portare la sua “gioiosa macchina da guerra” a conquistare più del sessanta per cento dei consensi nelle successive politiche del '94. Non fu così. La convinzione risultò sbagliata E da quell'errore nacque il successivo ventennio bipolare segnato dalla presenza condizionante di Silvio Berlusconi. Nel commentare le ultime amministrative molti esponenti della sinistra hanno sottolineato come questo precedente non serva a nulla.

Perché è vero che le politiche del '94 sconfessarono clamorosamente le indicazioni delle amministrative del '93. Ma è altrettanto vero che quelle amministrative servirono da trampolino di lancio per quelle forze (la Lega ed il Movimento Sociale Italiano) che a distanza di pochi mesi sarebbero diventati gli alleati indispensabili e determinanti del partito inventato dal Cavaliere all'indomani della conquista da parte della sinistra di tutti i principali comuni italiani. Il paragone tra il '93 ed il 2013, in sostanza, sarebbe sbagliato in quanto allora Lega e destra erano partiti in ascesa e la loro spinta propulsiva sarebbe stata decisiva per il successo del '94 di Forza Italia, mentre ora sono forze in declino e se si andasse a votare nel 2014 risulterebbero essere più un peso che un aiuto ad una eventuale rinata Forza Italia di Berlusconi. Sulla carta la riflessione appare formalmente corretta. Nella realtà, però, non tiene conto che se nei vent'anni di bipolarismo il partito del Cavaliere ha consumato tutti i suoi principali alleati degli esordi (dall'Udc fino alla Lega passando per An), questo fenomeno non ha minimamente intaccato il bacino elettorale del centro destra. Gli elettori moderati possono anche disertare le urne alle amministrative perché non si riconoscono nella classe politica locale del Pdl. Ma alle politiche normalmente si mobilitano.

Non solo perché a farli uscire dalla tradizionale sonnolenza della maggioranza silenziosa si attiva un leader dalla forza e dalla capacità di interpretare gli umori della propria gente come Silvio Berlusconi. Ma perché in questi vent'anni si saranno pure consumate le identità iniziali della Lega, della destra ex missina e dell'Udc, ma si è anche formata una identità collettiva nuova e diversa che trova espressione nel Cavaliere ma che , sia pure in maniera più istintiva che strutturale, indica l'esistenza di un'area (non ancora partito) paragonabile all'area che negli Stati Uniti da vita al Partito Repubblicano, in Gran Bretagna al partito conservatore ed in Europa al Partito Popolare Europeo. Il berlusconismo, in sostanza, ha prodotto nel corso di venti anni il progressivo ridimensionamento delle identità iniziali dei tanti soggetti politici che si erano collocati nel centro destra e la contemporanea crescita di una identità sempre più definita da un punto di vista culturale e sociale che abbraccia quelle precedenti ed all'interno della quale tutte le altre sembrano destinate a fondersi.

Il tratto distintivo di questa identità è dato dall'intreccio tra idea liberale, idea nazionale ed idea riformista che trova nella personalità di Silvio Berlusconi una espressione ed una rappresentanza estremamente significative. A questa identità, però, non corrisponde ancora una struttura adeguata. Che potrebbe essere quella federale di forze nazionali e locali di origini diverse ma unite nella battaglia per la liberazione dei cittadini dal peso dello stato burocratico-assistenziale di modello sovietico caro alle sinistre. Ma che, di sicuro, non dovrebbe essere quella del ritorno alle tante identità originarie che ormai si sono già fuse tra loro in maniera spontanea e che se riesumate servirebbero solo a frantumare un'area che rappresenta l'unica speranza di salvare il paese.

mercoledì 12 giugno 2013



Il governo del dire e non dire

(LO)Si sta ormai consolidando a Palazzo Chigi il vezzo di dare un titolo mediaticamente spendibile ai provvedimenti Patetici tentativi di supplire all'inadeguatezza, all'insufficienza di contenuti dell'atto che si sta varando con un efficace “spin” comunicativo, enfatizzando effetti taumaturgici che non si verificheranno. Così come non è bastato al governo Monti ribattezzare i suoi decreti “salva-Italia” e “cresci-Italia” per salvare davvero, o far crescere l'Italia, non basterà al governo Letta chiamare il suo prossimo provvedimento “decreto del fare” per convincerci che sta facendo qualcosa di epocale, o che sta aiutando gli italiani a riavviare le attività produttive – quelle del “fare”, appunto. Il voto delle amministrative rafforza il governo Letta, è la lettura “politicista” prevalente, perché non punisce il Pd per essersi piegato alle “larghe intese” con il caimano, anzi sembra premiarlo (ma allora bisognerebbe concludere che per lo stesso motivo punisce severamente il Pdl), e perché bastonando il centrodestra ne raffredda i bollenti spiriti, dissuadendo Berlusconi dal mettere a rischio la tenuta dell'esecutivo.

In realtà, il governo Letta può sperare di durare solo se fa, se agisce. E' come andare in bicicletta: se sta fermo, cade. Ma per fare cose davvero utili al paese non basta attribuire l'appellativo “del fare” ad un decreto. Fino ad oggi, è stato piuttosto il governo del dire e non dire. Tranne la proroga degli incentivi fiscali sulle ristrutturazioni, su nessun tema – dall'Imu all'aumento dell'Iva, e in generale sulle tasse, passando per la revisione della spesa e la questione del debito pubblico – ha proferito una parola chiara, definitiva, sulla direzione che intende intraprendere. E la sensazione è che tutto si riduca ad un pressing bipartisan (Pd-Pdl) su Bruxelles per ottenere un po' di caro, vecchio deficit spending, senza mettere davvero mano al dissestato “sistema Italia”. Ben vengano, intendiamoci, misure di liberalizzazione, di semplificazione, di defiscalizzazione delle nuove assunzioni, così come il superamento delle rigidità in ingresso sciaguratamente introdotte dalla riforma Fornero sul lavoro. Ma i dati di questi giorni obbligano la politica, il governo e i partiti che lo sostengono, a scelte ben più coraggiose, ad un vero e proprio cambio di passo e di paradigma, innanzitutto in campo fiscale.

La produzione industriale in calo del 4,6% rispetto ad aprile 2012; il Pil nel I trimestre 2013 di un ulteriore 0,6%, con una perdita già acquisita per quest'anno dell'1,6%, ben peggiore delle stime del governo; il total tax rate sulle nostre imprese al 68,3%, oltre 20 punti sopra la soglia media che grava sulle imprese europee concorrenti; una pressione fiscale effettiva del 53,4% del Pil (paghiamo 38 miliardi di tasse in più rispetto ai partner europei!). Questi dati impietosi testimoniano che non stiamo affatto uscendo dalla crisi, che la nostra economia è nel bel mezzo di un avvitamento, e quindi che non possiamo permetterci di procedere per rinvii di tre o sei mesi, aspettando di intervenire più a fondo con la legge di stabilità del 2014. Bisognerebbe invertire al più presto questa inerzia con un vero e proprio shock, ma purtroppo i provvedimenti ipotizzati al vertice governo-maggioranza di questa mattina, o che filtrano dalle indiscrezioni di stampa, non solo non sembrano contenere cure e terapie adeguate al male italiano, ma non raggiungono nemmeno lo status di aspirine. Somigliano piuttosto a delle semplici tisane. Non si tratta di dare 3-400 milioni, uno o due miliardi da una parte, magari togliendoli dall'altra. Serve una grande, coraggiosa, operazione di politica fiscale che alleggerisca il carico su tutti i fronti: Iva, Imu, Irap. Tagliando la spesa, dismettendo asset pubblici, e anche – a questo scopo sì, avrebbe senso – ammorbidendo i vincoli europei


Berlusconi l'ultima speranza, l'unica certezza
Qualcuno ricorderà sicuramente lo slogan che ho ripreso nel titolo: appartiene alla campagna elettorale di un partito di dx del 1972, quando un partito di Dx arrivò al suo massimo storico della prima repubblica.
Oggi siamo nuovamente a quel punto.
Siamo a Berlusconi unico riferimento, unica certezza, forse unica salvezza per una Nazione che rischia la dissoluzione sotto le bordate di ministri con nazionalità straniera, di immigrati che pretendono la cittadinanza e il voto e dei capricci degli omosessuali che, invece di essere liquidati con una battuta (anche volgare) vengono assecondati nelle loro farneticazioni.
E più della metà degli Italiani resta a casa e non vota, regalando ai comunisti tutte le maggiori città e persino Treviso, resa bella e sicura da Gentilini e che ora (onestamente: per la soddisfazione di noi bolognesi) tornerà ad attrarre (come tutte le altre città cadute tra le grinfie dei comunisti) spostati e marmaglie di sfaccendati e lazzaroni.
Non esistono, tra l'altro alternative.
Quando si dissolse la Dc, l'Msi riuscì a raccogliere parte dell'eredità mentre dal nulla spuntò Forza Italia con Berlusconi che riuscì nel miracolo di fermare la "gioiosa macchina da guerra" di Occhetto.
Adesso si potrebbe temere che senza una guerra i comunisti possano, grazie all'ignavia di oltre metà Italiani, occupare tutto il potere.
Il PdL non ha alleati che riescano a raccogliere voti.
La Destra è divisa e derisa e, francamente, non è da Uomo di Destra piangere per una sconfitta come ha fatto Alemanno che, così, si è giocato ogni chance di leadership.
Maroni è sempre più il liquidatore della Lega e all'orizzonte non si vede alcun nuovo Berlusconi.
Gioco forza, quindi, guardare al vecchio Berlusconi, sperando che gli annunci di queste ore siano confermati.
Fine della segreteria Alfano e potere ai "falchi".
Allora potrei fare un pensierino per iscrivermi al nuovo soggetto politico e dare una mano alla ricostruzione della diga anticomunista e antidissoluzione.

Perchè gli assenti hanno sempre e comunque torto.